Fare memoria: nella persona della storia, della casa e della Nazione

Sua Altezza Reale Vittorio Emanuele, Duca di Savoia e Principe di Napoli, sabato scorso ha lasciato questa dimensione dell’essere. Fu il capo della Casa a cui l’Italia deve la sua unità nazionale dopo mille anni, da quando il condottiero erulo Odoacre depose Romolo Augustolo e inviò le insegne a Zenone, imperante a Costantinopoli. Questo è il merito storico indiscutibile di Casa Savoia. Già Napoleone I Bonaparte aveva ricondotto lo Stivale – non le isole – sotto la sua sovranità, limitando il nome di Regno d’Italia alla Lombardia e al Veneto (1805). Solo sotto Vittorio Emanuele II si compì l’opera e il Parlamento gli riconobbe il titolo nel 1861.

Ecco perché la Nazione dovrebbe fare memoria di ciò nei membri della Reale Casa di Savoia, a prescindere dalla forma di Stato e di Governo. Anche considerando il fatto che l’attuale forma repubblicana, se ci si vuole attenere alla realtà storica, fu l’esito di due decreti luogotenenziali di Umberto di Savoia, luogotenente generale del Regno con ancora regnante Vittorio Emanuele III. Con essi, furono convocati gli italiani alle urne, per scegliere la forma istituzionale dello Stato ed eleggere i loro deputati all’Assemblea costituente. Quindi, si deve alla Reale Casa di Savoia, in definitiva, non solo l’Unità d’Italia ma anche la Repubblica.

Sebbene, in sede storica, sia sempre possibile avanzare qualche dubbio sui risultati di un referendum sul quale la Suprema Corte di cassazione, cui spettava controllare l’esito della consultazione, si limitò a leggere i risultati pervenuti, riservandosi la proclamazione alla verifica delle schede. Controllo che non vi fu, per un colpo di mano del presidente del Consiglio dell’epoca, Alcide de Gasperi, come denunciato, con le loro dimissioni, dai rappresentanti del Partito liberale italiano in quell’Esecutivo.

Aggiornato il 05 febbraio 2024 alle ore 19:09