Non mandate i vostri figli nelle università anti-Israele

Mandare un figlio a studiare all’estero in prestigiose università come Oxford e Harvard può costare un occhio della testa. E quando chi scrive era ventenne, cioè 44 anni fa, ci si faceva un vanto circa l’aver sopportato simili sacrifici nella speranza, all’epoca più che fondata, di avere contribuito in maniera significativa a dare alla propria prole un avvenire migliore. E anche fornire un supporto per gli studi nelle università italiane non era – e non è tuttora – a titolo gratuito. “A gratis” come direbbero i giovani di oggi.

Ma se poi in queste università ti insegnano l’ideologia “woke”, la “cancel culture” e – soprattutto – l’odio contro Israele e gli ebrei? Vale ancora la pena fare simili sacrifici? O non sarebbe meglio procedere come fecero i genitori di Giacomo Leopardi, ossia pagare uno stuolo di precettori che vengono a casa per preparare i propri figli e renderli idonei, poi, per eventuali esami da dare come privatisti? Per il sottoscritto non c’è dubbio e non c’è partita. Anzi, varrebbe persino la pena di fare un appello tramite L’Opinione: “Non mandate i vostri figli a studiare nelle università che propongono di boicottare Israele”.

Come quella di Cagliari, tanto per fare un piccolissimo esempio, il cui rettore si vanta pure di non aver fatto passare, lo scorso 8 ottobre, un documento di solidarietà allo Stato ebraico, da votare subito dopo la strage e ancor prima degli inevitabili raid su Gaza. Lo stesso rettore confessa che “la questione è complessa” e che comunque lui “non è mai voluto andare in Israele”, proprio perché a suo dire ci sarebbe l’apartheid ai danni dei palestinesi. Ma ad Harvard e a Oxford, che costano in iscrizione cento volte tanto quanto costa Cagliari, si è visto anche di peggio. Lo abbiamo letto quando la “rettora” (donna) di Harvard è stata letteralmente sputtanata per i propri pregiudizi anti Israele in una drammatica audizione davanti al Congresso Usa.

Ecco, di fronte a una situazione che nel tempo è andata così degenerando, anche per l’entrata in massa di professori e presidi islamisti – di solito del network dei fratelli musulmani, che poi sono il faro culturale e religioso anche di Hamas – nel circuito universitario anglo-americano, l’unica risposta è in mano all’utente. Cioè lo studente che è anche, insieme alla famiglia che paga la retta, l’utilizzatore finale del diritto allo studio. Se l’Università insegna “cazzate” come l’ideologia “woke”, la “cancel culture”, e soprattutto diventa una fucina di odio antiebraico e anti-Israele, io mio figlio lì non ce lo mando. Non si possono pagare fiumi di soldi e ritrovarsi anche un imbecille “di ritorno” in famiglia. Che senso ha?

Aggiornato il 24 gennaio 2024 alle ore 10:13