Conte-Schlein, ne resterà solo uno

È tempo di campagna elettorale. È tempo del tutti-contro-tutti. Alle viste ci sono le Europee, per le quali si vota con il sistema proporzionale. Vince il partito che raccoglie più consensi. Le coalizioni, in questo caso, non toccano palla. Perciò, niente di strano se tra qualche settimana vedremo scannarsi allegramente leader e partiti dichiaratisi fratelli fino al giorno prima. Per quel voto in più; per quel seggio in più a Bruxelles da spendere, in politica interna, al momento opportuno. Cioè, quando vi sarà da ridiscutere i delicati equilibri nell’ambito delle coalizioni, ai fini della legittimazione delle leadership. Vale per il centrodestra e, in pari misura, vale per il centrosinistra. Ciononostante, le condizioni in cui versano le odierne alleanze non sono le stesse.

Nel centrodestra, la realtà restituisce la fotografia di una Giorgia Meloni saldamente alla guida della coalizione. Anche il suo competitore interno, Matteo Salvini, non ha difficoltà ad ammetterlo. Intervenendo alla festa di Atreju, si è speso in un elogio dell’essere secondo alle spalle della leader che, francamente, gli fa onore. Ma, più delle buone intenzioni dei capi del centrodestra, fa aggio la sostanziale omogeneità del blocco sociale di riferimento dei tre partiti della coalizione. Blocco sociale che, negli anni, ha indicato ai suoi rappresentanti politici la strada maestra dell’unità e ha punito duramente coloro che hanno tentato di allontanarsene volgendo lo sguardo verso la parte sbagliata del campo politico.

A sinistra le cose sono radicalmente diverse. Non c’è un sentire comune tra i riformisti eredi del socialismo liberale e il radicalismo progressista degli orfani del comunismo. Come non c’è un metro condiviso di valutazione sui contenuti della esasperata deriva ideologica progressista-ambientalista. Si potrebbe finanche ridiscutere dell’opportunità di classificare di sinistra un’aggregazione movimentista del tipo Cinque Stelle. Quella dei grillini/contiani è una forza ispirata al disvalore del qualunquismo di marca giustizialista che nulla ha a che fare con la storia della sinistra italiana. Nel pantheon di costoro non ci sono Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, e neppure Karl Kautsky e Pietro Nenni. I modelli dei pentastellati si chiamano Guglielmo Giannini dell’Uomo qualunque, Antonio Di Pietro e l’Italia dei Valori.

A sinistra c’è, in posizione dominante, il Partito Democratico che tuttavia è una Babele di correntismo, personalismi, clientelismo, rendite di posizione. Se volessimo individuare un riferimento storico per descrivere il caos che regna sovrano sotto il cielo del Pd, verrebbe da pensare all’anarchia feudale della fase successiva alla morte di Carlo Magno (814 d.C.), con un potere centrale verticistico e autoreferenziale e con i territori governati da un’affollata casta di cacicchi la cui regola aurea recita: “Le loi, c’est moi”. Citofonare a Vincenzo De Luca per delucidazioni sull’argomento. Eppure, un amalgama tra forze eterogenee andrebbe ricercata non fosse altro per ragioni di opportunità perché, se è vero che alle elezioni europee si vota con il proporzionale, per tutte le altre competizioni elettorali vige il fattore premiale della coalizione. Per sperare di vincere bisogna che le molteplici anime della sinistra si mettano insieme e sommino i voti conquistati. Impresa improba far coesistere nel medesimo schieramento riformisti e massimalisti, garantisti e giustizialisti. Eppure, dovranno trovarlo un punto d’incontro programmatico e dovranno scegliere un leader – lo si chiami federatore – che faccia da front-runner nella sfida al “nemico ontologico”.

È accaduto che al forum indetto dal Pd lo scorso fine settimana dal titolo “L’Europa che vogliamo”, la guest star della giornata (Romano Prodi), dopo aver azzardato un’analisi del quadro politico italiano ed europeo alquanto datata, si è spinta oltre lo steccato del pragmatismo strategico indicando in Elly Schlein la possibile figura di federatore di cui il centrosinistra deve dotarsi se vuole sperare di competere con il centrodestra. Apriti cielo! L’uscita di Prodi non è piaciuta a nessuno. I cespugli centristi degli ex “compagnucci della parrocchietta”, Carlo Calenda e Matteo Renzi, si sono chiamati subitaneamente fuori dal gioco prodiano. Giuseppe Conte ha reagito con inusitata durezza all’idea di ritrovarsi invischiato in un pastrocchio nel quale il suo smisurato ego verrebbe annichilito dalla primazia della Schlein. E anche la vecchia guardia del Pd, al cospetto della boutade del vecchio capo dell’Ulivo, è sembrata il coro muto del Nabucco verdiano. Ma davvero il navigato Prodi ripone nella giovane segretaria del Pd tanta fiducia? La sua iniziativa è stata un ballon d’essai, destinato ad affossare il nome della Schlein più che a esaltarlo. In compenso, il “si può fare” del “mortadella” è stato recepito dagli interessati come il fischio di inizio di un match che si concluderà nelle urne delle Europee. Entrambi gli attuali leader del Pd e del Movimento Cinque Stelle contano di vincere, anche con un solo punto di scarto. Perché sarà quel solo punto a legittimare la pretesa di uno dei due di vestire i panni del federatore dell’intera area.

Intanto, è in corso tra maggioranza e opposizione uno scontro dialettico molto aspro. È evidente che la Meloni provi a scegliersi il competitore più gradito. Al premier farebbe di gran lunga più comodo avere a che fare con l’inconsistenza politica della Schlein piuttosto che con la spigolosità urticante da azzeccagarbugli del capo pentastellato. Ma Conte non ci sta e forza per prendersi la scena annunciando iniziative eclatanti pur di trascinare la Meloni in uno scontro diretto. Questo è solo il prologo di ciò che vedremo a breve. Esaurita la fase dell’aggressione verbale al nemico, i due campioni del centrosinistra a largo spettro cominceranno a beccarsi tra loro come i capponi di Renzo Tramaglino, di manzoniana memoria. Poi però, proprio come gli stolti capponi, troppo tardi essi si accorgeranno di essere indissolubilmente condannati a un comune destino. La pentola per i capponi; la bocciatura delle urne per Elly e “Giuseppi”.

Aggiornato il 21 dicembre 2023 alle ore 09:30