C’è un giudice anche a Tirana (purtroppo)

Ci mancava che un giudice intervenisse a bloccare una decisione della politica. Non è accaduto in Italia – come sarebbe stato normale attendersi – ma in Albania.

Sotto accusa è l’accordo stipulato tra il Governo Meloni e quello albanese del premier Edi Rama per l’installazione sull’altra sponda dell’Adriatico di due centri, sotto la giurisdizione italiana, dedicati alla gestione dei migranti illegali. La Corte costituzionale dell’Albania ha annunciato che si pronuncerà sui ricorsi presentati dai partiti all’opposizione del Governo Rama con i quali si contesta la legittimità costituzionale dell’intesa stipulata con l’Italia per il trattenimento sul suolo albanese di migranti raccolti in mare da unità navali della Marina militare, della Guardia costiera e della Guardia di finanza italiane.

La decisione dell’Alta Corte giunge alla vigilia della data fissata dal Parlamento di Tirana per la ratifica del Memorandum. La notizia, piombata inaspettatamente sulla politica italiana, ha scatenato reazioni di giubilo dalle parti dell’opposizione. In particolare nel Partito Democratico, che ha parlato di ennesima figuraccia rimediata dal Governo italiano. L’entusiasmo ha spinto i progressisti pro-invasione dei migranti a pronosticare il definitivo affossamento dell’iniziativa da loro definita “nuova Guantanamo”.

È comprensibile che ogni partito voglia tirare l’acqua al proprio mulino ideologico, tuttavia – ci chiediamo – come si può essere tanto cinici da desiderare che il proprio Paese subisca un danno piuttosto che vedersi costretti a dare ragione al Governo al quale ci si oppone? Misteri della demagogia. Di là dal contenuto specifico della controversia – l’esternalizzazione in territorio extracomunitario dell’accoglienza di una parte dei clandestini recuperati dal mare – ciò che fa arrabbiare è il metodo vincente, esportato fuori dai nostri confini nazionali, della via giudiziaria alla regolazione delle dinamiche della vita pubblica, escogitato decenni orsono dalla sinistra italiana, a corto di idee programmatiche, per sconfiggere il “nemico ontologico” in ambiti diversi dalle urne elettorali. L’aspetto bizzarro della vicenda è il trasversalismo con il quale si fa ricorso a tale strumento spurio di lotta politica. Nel caso albanese a chiamare in gioco l’Alta Corte, per bloccare l’accordo Roma-Tirana, non è stata la solita sinistra ma il partito di destra di Sali Berisha. Segno che, a qualsiasi latitudine, l’interesse di parte prevale su quello nazionale. Già, perché dell’intesa non beneficerebbe solo l’Italia. Anche l’Albania ne trarrebbe vantaggio. Per un Paese che vuole entrare nell’Unione europea, compiere un coraggioso gesto di solidarietà verso uno Stato membro gli fa guadagnare punti preziosi in vista dell’esame della domanda d’ingresso nella compagine comunitaria. La stessa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nell’elogiare l’Italia per aver ragionato fuori dagli schemi, ha implicitamente riconosciuto che l’Albania di Edi Rama è divenuta una realtà statuale affidabile.

Ora, non è detto che l’operazione sia fallita, come invece spererebbero i “compagni” di casa nostra. L’Alta Corte ne ha temporaneamente sospeso l’esecutività in attesa di assumere una decisione sulla costituzionalità del Memorandum. Comunque, vi sarà un ritardo nell’implementazione dell’iniziativa. Ciò si tradurrà in un aumento della presenza sul nostro territorio di migranti illegali. Per la disperazione della comunità patria, che non ne può più degli sbarchi senza limiti dei clandestini e per la felicità della sinistra, nemica giurata degli interessi nazionali. Questa vicenda deve indurci a riflettere su quanto sia pericolosa per l’Italia la condotta politica dei progressisti. È un argomento scomodo da affrontare, ma qualcuno dovrà pur svelare la verità; dovrà pur dire una buona volta che a sinistra non ci sono avversari leali e corretti ma solo nemici disposti a sfasciare il Paese pur di riprendersi il potere. Questa roba va denunciata e non coperta da un ipocrita quanto inutile fair play istituzionale. Al 14 dicembre, i clandestini sbarcati sulle nostre coste dall’inizio del 2023 sono stati 153.407. Il dato peggiore degli ultimi anni. Di questo passo dove si vuole arrivare? Lo chiediamo ai progressisti festanti. Se costoro credono che gli italiani gli saranno grati per aver costantemente boicottato i tentativi del Governo Meloni di mettere un freno al fenomeno dell’immigrazione illegale, sbagliano di grosso. A volerli prendere tutti – i clandestini – si fa il male dell’Italia. È questo che vuole la sinistra? I “compagni” non si facciano soverchie illusioni. Al momento debito – che è quello delle urne – la pagheranno. Eccome se la pagheranno.

Aggiornato il 18 dicembre 2023 alle ore 10:21