Il compagno che sbaglia

“La natura del documento non rileva e disvela contenuti sottoposti al segreto investigativo o rientranti nella disciplina degli atti classificati. La rilevata apposizione della dicitura ‘limitata divulgazione’, presente sulla nota di trasmissione della scheda, rappresenta una formulazione che esula dalla materia del segreto di Stato e dalle classifiche di segretezza, disciplinate dalla legge 124/07 e dai Dpcm di attuazione ed esclude che la trasmissione sia assimilabile ad un atto classificato, trattandosi di una mera prassi amministrativa interna in uso al Dap a partire dall’anno 2019, non disciplinata a livello di normazione primaria”.

Questo è ciò che il ministro della Giustizia Carlo Nordio tiene a farci sapere, attraverso una nota ufficiale, sul caso del capogruppo di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli il quale, secondo il Partito Democratico, sarebbe un satanasso reo di aver diffuso coram populo notizie riservatissime impattanti sulla sicurezza nazionale riguardanti il caso di Alfredo Cospito.

Tutta questa manfrina per coprire una verità scomoda: a sinistra sono cascati di nuovo nel vizietto del compagno che sbaglia.

La notizia vera infatti non sono le parole di Donzelli ma il fatto che alcuni parlamentari del Pd siano andati a parlare con un anarchico e con alcuni mafiosi sottoposti al 41 bis in un carcere di massima sicurezza. Il tutto strizzando di fatto l’occhietto ad una fantomatica intesa tra anarchici, gruppi antistato vari e mafie per cancellare 41 bis e generare ad azioni destabilizzanti.

Magari l’intento della visita sarà anche stato romanzato ma resta un fatto e cioè che ci sono parlamentari della Repubblica che sono andati a fare le carezzine a un sovversivo. Un galantuomo che già nel 1991, quando era in carcere, decise di fare lo sciopero della fame e venne graziato onde poi andare a sparare a chi, secondo lui (in senso lato), rappresentava lo Stato. Cioè quell’autorità precostituita che tanto gli fa schifo ma da cui vuole nuovamente la grazia. Alfredo Cospito è un signore che è stato condannato per il reato di strage perché, tra le altre cose, ha sparato alle gambe di un dirigente di Ansaldo nucleare incitando dal carcere i gruppi anarchici a continuare la lotta armata. Ma nonostante ciò siamo ai limiti della beatificazione, manco fosse Che Guevara (e lo citiamo di proposito anche perché i guerriglieri di destra non godono del favore della gente che piace). Ciò a riprova di quanto il vizietto del compagno che sbaglia sia radicato molto più in profondità di quanto si creda.

È proprio questo il fatto preoccupante: se le università vengono occupate in suo nome, se vengono fatti cortei ai quali partecipano attivamente pezzi di ambientalismo militante (Simone Ficicchia), se si accetta che parlamentari della Repubblica si interessino proprio a quel caso (e non al caso di un altro assassino), se l’anarchico Pasquale Valitutti può dire tranquillamente in tivù che l’eventuale morte di Alfredo Cospito mette “nel mirino delle armi rivoluzionarie” interi pezzi di società, se tutto ciò è annoverabile tra le cose possibili, allora è evidente che viviamo in una nazione in cui interi pezzi campano di risentimento, di partigianeria, di estremismo malcelato, di sindrome da rivoluzione post-bellica mancata. Quegli stessi sentimenti che crearono un ambiente moralmente favorevole per le Brigate Rosse e che, in preda a uno strano strabismo valoriale, hanno incitato alla caccia alle streghe fasciste negli anni Settanta con tanto di omicidi (mai risolti) di giovani militanti di destra. Come se il male non fosse la violenza ma il colore politico della violenza.

Aggiornato il 08 febbraio 2023 alle ore 09:14