Odessa e altre città italiane

L’Unesco – l’Organizzazione della Nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura – ha dichiarato Odessa patrimonio dell’umanità. La città, nel corso del conflitto russo-ucraino, è stata più volte oggetto di bombardamenti aerei e attacchi dal mare. Il provvedimento obbliga gli Stati aderenti all’organizzazione, quindi anche la Federazione Russa e l’Ucraina, ad astenersi da ogni azione che possa ledere il patrimonio artistico del sito da proteggere.

Odessa condivide, con la città russa di San Pietroburgo, l’architettura italiana. Lo Stivale, con i suoi 58 siti sul territorio nazionale, a oggi è lo Stato nel quale è censito il maggiore patrimonio culturale e ambientale del pianeta. Si pensi che la Cina, sede di un’antica civiltà e con un territorio molto più esteso, ne conta 56. A questo dato va aggiunto il patrimonio culturale italiano fuori dai propri confini. Si pensi ai monumenti romani in giro per il Mediterraneo, il Vicino Oriente, l’Europa. Cioè all’architettura romanica, italiana sin nel nome ed esposta nel resto d’Europa dai maestri comacini, i quali divulgarono l’arte anche in gotico e germanico ma solo nel nome, attribuito ex post.

Pensiamo al Rinascimento o al Barocco che nacque a Roma, ma in forme più classicheggianti ed equilibrate rispetto ad altrove, quando i Romani Pontefici vennero presi dall’ansia, perché i monumenti dell’Urbe pagana sembravano più grandiosi di quelli della Città Eterna cristiana. Senza dimenticare, poi, il neoclassico di Antonio Canova, e quel classicismo, un poco barocco, di Giovanni Battista Piranesi, ispiratore di tutta un’architettura classico-eclettica dal Vittoriano-Altare della Patria di Giuseppe Sacconi al Palazzo di giustizia romano di Guglielmo Calderini, all’Esedra dell’omonima piazza e al palazzo della Banca d’Italia di Gaetano Koch, sino ad arrivare al classicismo di Marcello Piacentini e agli equilibri sospesi di Pier Luigi Nervi. Sono pochissimi i nomi, per indicare stili ed età. Essi disegnano il paesaggio urbano di una nazione che si è espressa ai massimi livelli d’arte non in un periodo storico delimitato, come la Grecia classica o bizantina, ma dalla preistoria fino a oggi. E che ha esportato la maestria nel mondo, a prescindere dalle fortune o dalle disgrazie politiche.

Tra i siti dell’Unesco c’è, in Africa, la città di Asmara. L’Eritrea “lascia molto a desiderare” in fatto di democrazia, come del resto l’Italia di allora, nel momento in cui abbandonò quei monumenti. L’Agenzia delle Nazioni unite per la cultura, però, anche se ha nella sua missione la tutela dei diritti umani, non ha potuto trascurare l’estetica. Così, pure nel centro di Tirana, in Albania, sembra d’essere in un angolo dell’Eur, quartiere romano. Persino il regime comunista del Secondo dopoguerra del Millenovecento terminò la costruzione di quanto lasciato in sospeso, senza alterare i progetti. Debbo confessare, comunque, che quando mi recai lì, in particolare non osservai l’estetica di quelle architetture, bensì quella delle figliole presenti in quei luoghi: alte, more e ben formate.

Comunque, il dato è questo: il patrimonio artistico italiano non si limita ai confini nazionali, è sparso per il mondo. Abbiamo un “corpo diplomatico monumentale” migliore delle nostre feluche. Usiamolo appieno.

Aggiornato il 27 gennaio 2023 alle ore 10:34