Il tripode e il Governo

Nel Talmud è scritto: “Qual è la gamba più importante di un tripode?”. Bella domanda, risponde il profano. Elettori ed eletti pongono lo stesso quesito. I tre partiti trionfatori sbaglierebbero a muovere le truppe nella convinzione d’essere ciascuno la gamba indispensabile della maggioranza vittoriosa. A prescindere dalle forze in campo. Fascismo a parte, la storia italiana è di per sé storia di governi di coalizione. Sempre vi si sono generate tensioni centrifughe. Sta nella natura delle cose che il successo della coalizione possa suscitare, anziché sopire, le tensioni che invece l’aspettativa di successo nelle elezioni dissimulava. Per restare nella metafora del tripode, non guasta osservare, ma di sfuggita per adesso, che la stabilità del tripode viene messa in pericolo da un dondolio incontrollato. Se una “gamba” imprime al treppiedi una forte spinta, esso cade rovesciato sul lato delle altre due.

Adesso la coalizione vive d’amore e d’accordo nell’euforia del successo. Il capo della Lega, affettando soddisfazione per l’esito delle urne e il numero degli eletti, è sembrato avanzare più pretese di quante la quota di maggioranza ne autorizzasse. Il capo di Forza Italia si è contenuto, salvo affermare che sarà il garante (lo stabilizzatore?) della coalizione. La presidente del Consiglio e di Fratelli d’Italia ha saputo affrontare il rompicapo dei ministri e del programma, superando qualche attrito con gli alleati di Governo. La quadratura del cerchio è stata trovata perché maiora premunt. Il fatto è che proprio le cose maggiori, più importanti e più urgenti rischiano di far traballare il tripode, sebbene non tanto da rovesciarlo. Almeno per adesso.

Sono almeno tre i motivi di potenziale disaccordo su punti politici d’importanza capitale, per di più intrecciati.

Il primo consiste nella politica estera. Significa soprattutto la politica circa la guerra in atto, nella quale non siamo belligeranti ma alleati attivi nel sostegno militare all’aggredito. Il Governo sarà all’altezza del compito, senza giri di valzer? Le dichiarazioni della presidente del Consiglio sono a riguardo rassicuranti e inequivoche. Non così quelle o tutte quelle dei ministri e dei partiti che, votando la fiducia, hanno sottoscritto il patto dell’Esecutivo. Certi legami politici e personali di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini con la leadership russa gettano qualche ombra sull’appoggio incondizionato che l’Italia deve mantenere a favore dell’eroica resistenza dell’Ucraina contro la sanguinaria, inaccettabile, ingiustificata aggressione di Vladimir Putin. L’annessione manu militari di regioni ucraine, perpetrata da Mosca, prova che il tiranno non intende fermarsi. Predilige la politica del fatto compiuto o del carciofo perché resta impunito. Perciò continua. Le democrazie liberali stentano a credere che un despota giunga a tanto. Invece succede quasi sempre. Lo insegna la storia, una materia negletta nelle scuole e disdegnata dai politici troppo presi dal presente per interessarsi del passato. Putin è dittatore e fa quel che vuole. Le sanzioni potrebbero dimostrarsi insufficienti a sconfiggerlo se, mentre raggiungono l’effetto, nel frattempo Putin fosse lasciato avanzare e conquistare, per l’affievolirsi del sostegno materiale e morale ai militari ed ai civili ucraini. Il Governo sarà compatto o qualche piede del tripode comincerà a ballare?

Il secondo motivo riguarda la politica di bilancio. Ancora non si è capito se nella maggioranza di Governo sia da annoverare un Quintino Sella deciso a rimettere in equilibrio la finanza pubblica. Pare che in Italia non venga mai il momento di dire stop ai soldi facili e alle cambiali pubbliche. Assistiamo a ripetute e consolanti prese di posizione della presidente del Consiglio che parla a nome dei fratelli italiani ma non anche dei confratelli padani. L’indirizzo economico governativo, benché dettato dal Pnrr e dalla crisi energetica, dovrà nondimeno essere specificato nei dettagli e calato nella realtà. Mario Draghi ha fatto del suo meglio per meritarci il finanziamento europeo e ne ha incassato un anticipo con il favore dell’unità nazionale, ma fino al 2026 l’impostazione delle riforme e il ritmo della loro realizzazione saranno assicurati? Sarà scongiurato il “debito cattivo”, ammesso che il “debito buono” possa riconoscersi in anticipo anziché a cose fatte? Anche tendendo bene l’orecchio, dalla maggioranza non provengono voci schiette e decise a liberare la società italiana dai limiti e dagli eccessi che l’hanno indirizzata sulla strada della “decrescita infelice” o, se volete, della “stagnazione triste”. Il declino che affligge l’Italia da vari lustri dipende molto dal fatto che i partiti non dismettono l’abito di sindacalisti dell’elettorato “di riferimento”. E neppure pare che vogliano.

Il terzo motivo concerne l’aggiornamento istituzionale, come invece preferisco chiamare la riforma costituzionale. L’ordinamento italiano è venuto prendendo la forma disarmonica di un quadro futurista, ma senza nulla di artistico. La prima prova di patriottismo dovrebbe essere la nuova legge elettorale, da approvare subito, non già a ridosso del voto. Gl’Italiani pretendono di scegliersi loro i rappresentanti, non di farseli scegliere dai capi partito, come dimostra l’astensionismo. Il rafforzamento del Parlamento non potrà ottenersi da Senato e Camera fiduciari dei partiti anziché degli elettori. Mentre cittadini e partiti lamentano la vecchiaia e gli acciacchi dello Stato, nella classe politica non esiste un “consenso condiviso” (sic!) su come ringiovanirlo. Disboscare l’ordinamento giuridico non costa quasi niente. Anzi, comporta risparmi e benefici se svelle la cappa di illiberalismo che opprime il sistema politico e la società civile. Sono le riforme “per sottrazione” anziché per “aggiunta”, come il “regionalismo differenziato” che, nel contesto dell’Unione europea, costituisce un anacronismo capace d’infliggere allo Stato il “supplizio dello squartamento” o come il lodevole progetto di conferire autonomia costituzionale alla città di Roma ma facendone un’improvvida ventunesima Regione!

Ciò detto, un tripode stabile è funzionale se riscalda e illumina, non se affumica.

Aggiornato il 10 gennaio 2023 alle ore 09:41