Il maggiore partito della solita sinistra, il cosiddetto democratico, chiede, a gran voce, le dimissioni del presidente del Senato, Ignazio La Russa, e del sottosegretario alla Difesa, Isabella Rauti, poiché rei d’avere ricordato il vecchio Movimento sociale italiano, in cui militarono, e del quale il padre del sottosegretario, Pino Rauti, fu anche il segretario. Chi scrive non lo votò mai, in quanto votante, iscritto e dirigente minore del Partito liberale italiano. Debbo tuttavia ricordare, per la memoria storica, non più per la cronaca, l’articolo di fondo di Indro Montanelli, sul suo Il Giornale nuovo, nel 1988, per la dipartita da questo mondo di Giorgio Almirante. La sua opera politica consistette, fondamentalmente, nel traghettare quel partito dall’essere un movimento fondato da neofascisti repubblichini alla convinta e piena adesione al sistema rappresentativo parlamentare a suffragio universale diretto. Grande funzione storica d’allargamento della democrazia liberale. Ciò attraverso la costituzione della Destra nazionale, coi monarchici di Alfredo Covelli, fedeli a Umberto II di Savoia che, prima come luogotenente generale del regno e poi re, condusse le Regie Forze Armate, affianco degli alleati, nella guerra di liberazione dagli occupanti nazisti, coi quali combatterono i neofascisti repubblichini.
Destra nazionale premessa di Alleanza nazionale e, poi, di Fratelli d’Italia, cioè della prima sintesi attuata di un partito conservatore italiano, dopo il tentativo, rimasto ipotesi, di Ruggiero Bonghi, nel secolo XIX. Qui ed ora, in Italia, v’è il primo governo conservatore in una compiuta democrazia liberale, guidato da Giorgia Meloni, leader dei Conservatori europei, per tanta parte ispirata al pensiero di Roger Scruton. Le premesse, sono affidate alla storia. La sinistra, invece di presentare un programma alternativo, oltre a slogan artefatti, guarda sempre all’indietro: al fascismo, che si sciolse il 25 luglio del 1943, al neofascismo di Salò, sconfitto il 25 aprile del 1945, alla in fin dei conti meritoria evoluzione del Movimento sociale italiano. Nella simbologia del mito, Orfeo scese nell’Ade per recuperare Euridice, ma la perse poiché si voltò indietro. Gli Orfici, col mito, intesero chiarire che non ci si deve volgere mai all’indietro, ma sempre guardare avanti. Invece, la nostra sinistra attuale si volta sempre all’indietro, e perde le elezioni, come Orfeo Euridice. Poi, grazie a una diffusa egemonia di potere, tanto governava lo stesso, con ribaltoni. Adesso Giorgia Meloni ha rotto l’incantesimo. Però i sinistri restano Orfei, anche nel senso di equilibristi da circo equestre.
Aggiornato il 29 dicembre 2022 alle ore 12:22