Referendum: fu vera disfatta?

Se fai parte della risicata pattuglia di garantisti che si ostina a rifiutare la resa di fronte alla schiacciante superiorità numerica, giornalistica, economica e politica degli avversari, alle sconfitte hai inevitabilmente fatto l’abitudine.

Tra i pochi aspetti postivi della desuetudine alla vittoria risalta una certa abitudine all’analisi della sconfitta.

E allora. Il referendum è fallito? Sì. Per colpa di chi? Certamente la disinformazione, a cominciare da quella del Servizio pubblico, ha fatto la sua parte, ma nondimeno l’intera iniziativa referendaria è stata connotata da improvvisazione (i referendum si costruiscono partendo da un’idea, non basta annunciarli al tg della sera: vero Matteo Salvini?) e strumentalità (gli stessi referendum non si abbandonano al primo alito di possibile sconfitta: citofonare sempre Salvini). E ora? Statene certi, il partito della conservazione giudiziaria, per quanto in difficoltà dopo le Idi Palamare, riprenderà fiato.

Tuttavia, tutto è perduto? No di certo. Non c’è dubbio che i maître à penser del conservatorismo politico-giudiziario siano oggi galvanizzati e pronti a chiamare a raccolta i famigli strategicamente piazzati nel sistema politico e in quello dell’informazione, ma mi chiedo, e vi chiedo, un diverso esito del referendum avrebbe ricondotto il potere togato nell’alveo della divisione dei poteri democratici?

No amici miei, perché nessun referendum può neppure scalfire la radice del problema, ovverosia l’obbrobrio costituzionale della funzione penale eletta a strumento di consenso. Non sorprendetevi, quindi, che la politica, con poche lodevoli eccezioni, non abbia combattuto questa battaglia di civiltà. Nessuno è interessato a ribaltare il tavolo, ma, al più, a sottrarre alla magistratura il ruolo di capotavola.

E proprio qui sta la buona notizia: ai milioni di italiani che ieri si sono recati a votare nonostante tutto e tutti questo gioco non piace più, e anzi cominciano, vagli a dar torto, ad averne paura.

Il referendum è perso, ma ora è più facile, come da ragazzi al campetto dell’oratorio, fare le squadre: o di qua o di là.

Potrebbero esserci sorprese.

Aggiornato il 14 giugno 2022 alle ore 09:38