Taiwan e l’organizzazione internazionale degli Stati liberi

La convocazione per il 9 e 10 dicembre, da parte del presidente degli Stati Uniti d’America, dei 110 Stati liberi, cioè retti da forme di Governo in cui i cittadini godano senza discriminazioni dei diritti di libertà, è la maggior novità nel quadro geopolitico degli ultimi tempi. Se la Comunità internazionale generale è composta anche da Stati semiliberi o dispotici, e la cosa è accettata per limitare i conflitti armati e per la urgenza di una cooperazione anche con loro per grandi emergenze, ad esempio quella climatica o la pandemica, organizzare la cooperazione tra gli Stati liberi è comunque indispensabile per coordinare la difesa delle loro libere Istituzioni da attacchi esterni e destabilizzazione interna.

È illuminante, sotto questo profilo, la partecipazione della Repubblica di Cina resistente a Taiwan e l’esclusione della totalitaria Cina comunista di Pechino. È una novità. La Repubblica di Cina è nata nel 1912 a seguito della prima abdicazione dell’Imperatore Aisin Gioro Pu Yi. È uno Stato libero semipresidenziale, da principio destabilizzato da conflitti interni, poi sfociati nel 1946 in una guerra civile fra il Partito Comunista allora guidato da Mao Zedong e le istruzioni della Repubblica di Cina allora presieduta dal nazionalista Chiang Kai-shek. L’avanzata dei comunisti, sostenuti dall’Unione Sovietica, costrinse infine Chiang Kai-shek e le istruzioni della Repubblica di Cina a rifugiarsi sull’isola di Formosa, cioè a Taiwan, nel luglio del 1949.

Dalla fine della guerra civile, il 7 dicembre 1949, Taipei divenne la nuova capitale della Repubblica di Cina che però, nel 1971, perse la rappresentanza alle Nazioni Unite, strappatale dal regime comunista di Pechino. Ciò portò al progressivo misconoscimento della Repubblica di Cina, a favore della tirannia di Pechino, da parte di molti Stati della Comunità internazionale, anche a seguito di questa scelta fatta dagli Stati Uniti d’America nel 1979. Scelte dovute a vari interessi affaristici ma per nulla affatto obbligate, in un periodo nel quale si riconobbero due Germanie, come oggi si riconoscono due Coree. Anche in Italia, a oggi, esiste una ambasciata di fatto della Repubblica di Cina, mascherata da rappresentanza commerciale.

Se si vuole però essere coerenti nella difesa degli Stati liberi, bisogna subito passare al riconoscimento diplomatico, da parte dei partecipanti al summit del 9 e 10 dicembre, della Repubblica di Cina di Taiwan, e porre mano a una Organizzazione internazionale degli Stati liberi con essa membro permanente. Altrimenti i comunisti dispotici di Pechino avranno l’impressione che basti fare “bau” per spaventare gli Stati liberi. E questo è potenzialmente molto più destabilizzante, per la pace, di qualunque conflitto diplomatico.

Aggiornato il 27 novembre 2021 alle ore 09:37