I chierici di sinistra generano suprematismo e razzismo anti-occidentale

Mi ripeto una domanda cruciale: come mai non ci sono per il caso della povera Saman Abbas, e per molti altri casi analoghi, le solite reazioni delle femministe, degli intellettuali, dei commentatori, delle donne e di uomini politici di sinistra? Come mai da quei casi non nasce alcun movimento simile a quello del “Me too” o del “Black lives matter”?

A spiegare la freddezza delle reazioni dei chierici della sinistra c’è certo anche il timore di offendere (o la volontà di difendere) una religione altrui, quella musulmana, che è anche la religione degli immigrati in cui la sinistra identifica il “nuovo proletariato”. Nella freddezza di quei chierici c’è anche un sottile razzismo inconscio: si tratta di delitti riguardanti soggetti estranei, come a dire “son fatti loro, non nostri”. Tutto questo è plausibile ma non coglie il vero punto e la vera risposta. Essa è molto semplice e sta sotto gli occhi di tutti. La spiegazione più probabile è che la reazione indignata scatta immediata e veemente solo quando i chierici della sinistra possono accusare in qualche modo lOccidente e gli occidentali. Quando invece non è proprio possibile incolpare la propria parte (perché l’aggressore non è occidentale) c’è la sottovalutazione, la quasi cecità e sordità, linsensibilità emotiva ed etica.

Lo stesso quasi-silenzio e la stessa insensibilità si sono verificati in altri casi simili a quello di Saman: almeno altre tre ragazze sono state uccise negli anni recenti in Italia da familiari non occidentali per motivi tribal-tradizionali (mai contrastati davvero, spesso ignorati e talvolta coperti o addirittura approvati dagli imam musulmani), senza mai suscitare grande scalpore mediatico a sinistra. La stessa insensibilità si registra tutti i giorni verso le continue uccisioni di cristiani africani (o asiatici) ad opera di altri africani (o di altri asiatici). Questi eccidi orribili non interessano i professionisti dell’indignazione a corrente alternata anche per un sottile razzismo inconscio: perché le vittime sono africane? O perché sono cristiane? Sì forse, ma soprattutto perché i carnefici non sono occidentali e quindi è impossibile per loro la cercata colpevolizzazione dell’Occidente.

La stessa cosa avviene nei casi di stupri e violenze ai danni delle donne. La reazione corale e rabbiosa delle femministe, dei media, dei circoli di sinistra scatta immediatamente e istintivamente quando gli aggressori sono occidentali, come si è verificato nel caso degli stupri e ricatti sessuali che hanno dato origine al movimento “Me Too”. C’è invece il silenzio e persino il tentativo di giustificazione etnico-culturale quando gli aggressori sono extra-occidentali. Lo dimostrano, tra gli altri, i fatti di Colonia della notte di Capodanno 2015-2016. In quel caso la sindaca (di sinistra) della città tedesca tentò addirittura di colpevolizzare proprio quelle donne che erano state vittime di oltraggi e di stupri, perché – disse – avrebbero dovuto essere più prudenti e “tenere maggiori distanze” dai “diversi”: quelle donne tedesche furono quasi colpevolizzate perché avrebbero dovuto tenere conto della “diversità culturale”. Alcune femministe poi colpevolizzarono genericamente il maschilismo patriarcale universale affermando che “il maschio è sempre un maschio stupratore, qualunque cultura appartenga”. “Tutto il mondo è paese” insomma: Colonia come la savana.

Il giustificazionismo verso aggressori non occidentali – e la parallela colpevolizzazione dell’Occidente – hanno raggiunto il culmine proprio in Italia, a metà settembre del 2017, quando Carmen Di Genio, avvocato del Comitato pari opportunità della Corte dAppello di Salerno pronunciò la storica frase: Non possiamo pretendere che un africano sappia che in Italia, sulla spiaggia, non si può violentare una persona, perché lui probabilmente non lo sa proprio”. Come a dire: noi occidentali (in quel caso noi italiani), glielo abbiamo spiegato? No. E allora è tutta colpa nostra! Anche lo stupro sulla spiaggia commesso da un africano!

Analoghe acrobazie logiche e retoriche si sono manifestate dopo la distruzione delle Torri Gemelle di New York l’11 settembre del 2001 e dopo i vari attentati avvenuti in Europa ad opera di terroristi extra-occidentali che si richiamavano alla religione islamica. Gli intellettuali e i politici di sinistra si sono chiesti: “Cosa non abbiamo fatto noi occidentali per loro? Cosa dovevamo e dobbiamo fare di più per integrarli?”. È sempre tutta colpa dell’Occidente e degli occidentali. Ad essi certi chierici di sinistra supplicano, sempre e comunque, di fare penitenza e di chiedere perdono anche a chi ha aggredito le loro città e i loro concittadini.

Una cosa analoga avviene per i deprecabili casi di omo-transfobia: i relativamente pochi casi che avvengono in Occidente vengono amplificati e magnificati, descrivendoli addirittura come casi generalizzati e di massa, tanto da richiedere lapprovazione di leggi speciali e listituzione di reati specifici (persino reati di opinione come farebbe il Ddl Zan se fosse approvato anche in Senato). Nello stesso tempo, i più numerosi e ben più gravi casi di omo-transfobia violenta e addirittura istituzionale che avvengono quasi ogni giorno nei Paesi extra-occidentali sembrano non interessare affatto i media e i militanti dellantidiscriminazione. I gay impiccati in Iran e quelli gettati giù dalle terrazze di Gaza non fanno notizia e non scaldano i cuori di sinistra.

Insomma è evidente, costante e pertinace il tentativo dei chierici di sinistra militanti dellanti-razzismo, dellanti-sessismo e dellanti-discriminazione di colpevolizzare comunque e solo lOccidente. Come si spiega? Lo fanno perché il fondamento stesso della loro visione del mondo (ereditata dal marxismo e dalla successiva propaganda comunista) è una concezione dell’Occidente come civiltà “malata” e, anzi, fonte del male radicale globale e perciò colpevole di tutti i mali sociali e individuali, passati, presenti e futuri. L’Occidente sarebbe perciò una civiltà da distruggere, un tempo con la rivoluzione violenta, ma – da Antonio Gramsci in poi – ai nostri giorni con una graduale rivoluzione culturale. È questa la loro motivazione, la loro pulsione di fondo. Si tratta di una pulsione spesso inconsapevole, ma puramente distruttiva, che non avendo più alcuna seria prospettiva in positivo (benché non auspicabile come fu il comunismo) è anche puramente nichilista.

Karl Marx non auspicava forse “l’abolizione dello stato delle cose presenti”? Una lunga marcia nelle istituzioni al fine di instaurare un’egemonia culturale (e politica) e un nuovo senso comune fu l’indicazione tattica di Gramsci, che conservava lo stesso obbiettivo: la “guerra” (sia pure non più “di movimento”, ma “di posizione”) alle basi stesse della civiltà occidentale. I cattolici di sinistra (dentro e fuori il Partito Democratico) si accordano con i post-comunisti sulla base del vecchio terzomondismo anti-occidentale ravvivato di recente da Papa Bergoglio.

Ma la volontà di liquidare la civiltà occidentale è ancor oggi la stella fissa dei chierici della sinistra massimalista post-comunista e cattolica (non anche di quella davvero riformista, che è però minoritaria nel Pd) e della loro nuova ideologia del politicamente corretto. È questo e solo questo il vero obbiettivo finale dei chierici mondiali della sinistra radicale maggioritaria: colpire, destrutturare, decostruire la civiltà, la storia, la cultura e la società occidentale, la sua famiglia, la sua identità nazionale e culturale, le sue radici cristiane e liberali. Di tutto il resto (razzismo, sessismo, omo-transfobia, xenofobia, islamofobia) a quei chierici in realtà non importa in realtà quadi nulla. Sono solo armi propagandistiche da usare se e quando sono utili a denigrare e a colpire l’Occidente. Altrimenti quegli stendardi vengono lasciati cadere e sui fatti viene usata la sordina.

L’odio per la propria cultura e per la stessa propria casa natale è la vera pulsione che muove e agita i chierici della sinistra radicale occidentale. Si tratta di un odio paradossale, perché è diretto verso lunica civiltà che abbia compiuto il miracolo di coniugare insieme, sia pur imperfettamente, benessere, libertà e diritti per tutti; l’unica che sia davvero liberale e democratica nei suoi principi formali (e che si sforzi di renderli sostanziali); l’unica che abbia fatto delluniversalismo anti-razzista, anti-sessista e anti-discriminatorio, sia pur tra imperfezioni e violazioni, il proprio ideale e la propria carta di identità costituzionale.

L’odio per l’Occidente dei suoi stessi chierici è un odio anche patologico perché è diretto contro la propria casa natale e, in fondo, contro se stessi: è un “patologico odio di sé”. E infatti la permanente e quotidiana colpevolizzazione dellOccidente da parte dei suoi chierici radicali di sinistra egemoni nelle Università, nei media e spesso anche nei governi occidentali, sta creando un pericoloso effetto autolesionista. È un effetto dei vari movimenti anti-occidentali di sinistra “in voga” in Occidente che incarnano l’ideologia anti-occidentale del “politicamente corretto”: come quello della “cancel culture” (cancellazione della cultura e storia occidentale) molto in voga negli Usa; o come quello che cerca di trasformare in leggi la cosiddetta teoria del gender con “l’autoidentificazione di genere” (come fa il Ddl Zan) al fine di distruggere persino il concetto di famiglia naturale e di differenza sessuale in Occidente; e come quello che mira ad “includere” leggi e principi giuridici illiberali, come fa la teoria-progetto multiculturalista, in voga nella sinistra politica, accademica e mediatica occidentale, anche in Europa.

Leffetto inedito (in tutti i sensi) di questi movimenti “politicamente corretti” è la crescita nel mondo di un pericolosissimo suprematismo extra-occidentale anti-occidentale che, come tutti i suprematismi, ha forti caratteri razzisti. I chierici occidentali di sinistra, colpevolizzando l’Occidente e gli occidentali, stanno spingendo e incoraggiando le élite e le popolazioni non occidentali a ritenere le proprie culture, non già di pari dignità, ma eticamente “superiori” all’Occidente e alla sua civiltà. È un fenomeno osservabile a tutti i livelli: dall’intellettuale cinese, indiano o arabo che teorizza la “superiorità” della propria cultura tradizionale, all’immigrato appena sbarcato in un Paese europeo, pronto ad accusare e colpevolizzare (in particolare di “razzismo”) lo Stato ospitante da una posizione di presunta “superiorità” etico-politica. Come ogni suprematismo questa sensazione illusoria si accompagna ad un razzismo etico-culturale anti-occidentale che talvolta degenera anche in un razzismo etnico anti-bianco. Del resto, c’è una logica in questa follia: se l’Occidente è una civiltà geneticamente colpevole e il non-Occidente ne è da sempre la “vittima”, questultimo sarebbe eticamente e culturalmente “superiore” allOccidente. Ne deriva che luomo occidentale (e per molti luomo bianco in quanto razza), è il colpevole di tutti i mali del mondo, passati, presenti e futuri. Può solo espiare, fare penitenza e cedere il passo alle eticamente “superiori” civiltà e popolazioni non occidentali, che ne sarebbero da sempre le “vittime innocenti”.

L’Occidente deve perciò declinare come già sta accadendo anche per effetto della demoralizzazione dall’interno ad opera dei suoi stessi chierici. E nel lungo periodo deve scomparire. Non aveva forse ragione Joseph Ratzinger quando parlò di un “patologico odio di sé dell’Occidente”? Sì. Aveva ragione, ma con la precisazione che quell’odio ha origine nell’odio per il mondo occidentale, cioé per la propria casa natale, che alberga nelle menti e nei cuori dei chierici della sinistra radicale. E che è anche un patologico odio di sé.

Aggiornato il 16 giugno 2021 alle ore 09:15