Fedez ed Elodie vadano a studiare diritto e libertà

“Era d’inverno, e le formiche stavano asciugando il loro grano, che si era bagnato. Ed ecco che una cicala affamata andò a chiedere loro del cibo. Ma le risposero le formiche: “Perché durante l’estate non hai fatto anche tu provviste?”. Rispose la cicala: “Non ne avevo tempo, ma cantavo armoniosamente”. E quelle, ridendole in faccia, le dissero: “Beh, se nel tempo estivo cantavi, d’inverno balla””. Così la celebre favola di Esopo sulle formiche operose e la cicala canterina la cui morale insegna che nella vita c’è chi fatica per capire il mondo e c’è anche chi perde tempo cantando al vento, attività entrambe legittime, ma dal diverso esito, poiché solo la prima consente di percepire la profondità del reale, mentre la seconda, per quanto gradevole, rimane soltanto un frivolo passatempo.

In questo senso, fatta salva la libertà di pensiero, di parola, di critica di ciascuno e che a tutti costituzionalmente spetta in modo indistinto (almeno per adesso), poiché già Eraclito aveva sintetizzato la massima secondo la quale “comune a tutti è il pensare”, è anche pur vero che come ha insegnato Immanuel Kant tra filosofare e far filosofia, cioè tra pensare ed esercitare il pensiero, c’è differenza poiché il secondo caso presuppone lo studio faticoso. Così vale anche per il resto della realtà: per comprendere la fisica stellare – sebbene ciascuno possa avere la propria opinione sull’universo – si devono compiere studi di fisica; per comprendere il funzionamento del corpo umano – sebbene ciascuno possa nutrire la propria visione del corpo umano – occorrono studi di biologia e medicina; per comprendere le difficoltà giuridiche di un disegno di legge – sebbene ciascuno possa rivelare le proprie opzioni ideologiche – occorre compiere studi giuridici. Non che la specializzazione del sapere metta al riparo il sapere medesimo da errori o visioni fallaci, anzi tutt’altro!

Ai tempi in cui oggi si vive, probabilmente, la sclerotizzazione dell’iperspecializzazione del sapere ha istituzionalizzato l’analfabetismo funzionale di chi capisce tutto di qualcosa, ma non sa nulla di tutto il resto, ma sicuramente mette al riparo il pensiero dagli errori e dalle visioni fallaci di chi non ha studiato e quanto meno maturato il metodo di studio per certi tipi di problemi. In questa direzione è senza dubbio un diritto di Fedez, Elodie e di tutti gli altri esprimere il loro appoggio al Ddl Zan, ma se un tale appoggio volesse essere qualcosa di più di una semplice campagna ideologica, dovrebbe problematizzare i nodi articolati e complessi che il Ddl Zan contiene. E, a questo punto, il parere di Fedez, Elodie o altri che non hanno studiato diritto non è più sufficiente. Anzi, evapora come neve al sole (per citare un celebre brano musicale).

Tuttavia, se la musica – qualunque sia il genere musicale – ha la propria regolamentazione nelle note, nelle pause, negli spartiti, cosa comprensibile anche da parte di chi non fa il musicista o il cantante, così sarebbe bene che musicisti e cantanti comprendessero che il diritto è regola che a sua volta possiede le proprie regole di cui la prima è che non tutto ciò che è legge è di per se stesso giusto o intrinsecamente giuridico. Se così non fosse, le leggi di Norimberga sarebbero insuscettibili di critica morale e giuridica. Il Ddl Zan non introduce effettive tutele maggiori di quelle che già l’ordinamento italiano contiene, ma anzi rischia di pregiudicare quella libertà di pensiero e di parola che proprio Fedez, Elodie & company rivendicano per sostenere il Ddl Zan, tranne che Fedez ed Elodie intendano tutelare una libertà parziale e dunque fittizia, cioè la libertà soltanto di quanti sono d’accordo con loro e con il Ddl Zan.

A questo punto sarebbe doveroso chiedersi: a quale libertà o concezione della libertà si riferiscono Fedez, Elodie & company? Anche in questo caso, approfondendo con pazienza gli studi filosofici, si scoprirebbe che non soltanto la libertà generalmente intesa non è semplice assenza di vincoli e limiti, ma che per di più in riferimento al pensiero e alla parola si è davvero liberali soltanto quando si concede di esprimere pensiero e parola anche a chi la pensa diversamente, circostanza che proprio il Ddl Zan mina alla base.

Alla luce di tutto ciò, anche volendo considerare puro e immacolato tutto il resto del Ddl Zan (cosa che non è in considerazione della fallibilità dell’essere umano in genere e di quella ben più tenace del legislatore italiano in particolare) l’esistenza dell’articolo 4 che si premura (senza riuscirci peraltro) di garantire uno spazio cosiddetto “salva-idee” dovrebbe lasciare dedurre – anche da parte dei più giuridicamente e filosoficamente sprovveduti – che qualcosa in questo disegno di legge proprio non va. Se, infatti, si deve garantire la libertà di pensiero per legge da parte di quella stessa legge che rischia di violarla, allora quella legge è evidentemente lesiva di diritti fondamentali come quelli sanciti dagli articoli 19 e 21 della Costituzione, rendendosi necessaria, quindi, più che una campagna per la sua approvazione, una campagna per la sua problematizzazione e per la sua correzione proprio prima che venga approvata.

Tutto ciò considerato, sarebbe bene che Fedez, Elodie & company verificassero la coerenza delle proprie teorie e la fondatezza giuridica e filosofica delle stesse, ricordando, magari, proprio gli insegnamenti di uno dei padri del liberalismo politico e giuridico, John Stuart Mill, frontalmente contrastato dal Ddl Zan, secondo cui “quando tutta la specie umana, meno uno, avesse un’opinione, e quest’uno fosse d’opinione contraria, l’umanità non avrebbe maggior diritto d’imporre silenzio a questa persona, che questa persona, ove lo potesse, d’imporre silenzio all’umanità”.

Aggiornato il 20 aprile 2021 alle ore 12:53