Gli esseri umani non sono numeri, neppure melanzane

Perché questo titolo apparentemente così strano? Perché ascoltando diversi virologi interloquire sulla pandemia dalle televisioni, e leggendo il loro parere espresso sui giornali, mi vien da pensare che essi ipotizzino – senza dirlo apertamente – che gli esseri umani siano in fondo soltanto dei numeri o, se si preferisce, melanzane, pomodori o altri simili ortaggi. E ciò perché assurdamente parecchi di loro, invitati a pronunciarsi sui decessi registrati dopo le vaccinazioni, hanno affermato che, dopotutto, cinquanta o cento morti rispetto a circa cinque milioni di vaccinati, sono poca cosa, dal momento che, secondo il rapporto costi-ricavi, rappresentano una percentuale irrisoria. E perciò avanti tutta con i vaccini!

Evidentemente, questo ragionamento può andar bene per i numeri, per le melanzane, per i peperoni e altri ortaggi, cose tutte in relazione alle quali è corretto ritenere per esempio che, se per salvare cento peperoni, se ne mandano al macero dieci o venti, ben fatto sia. Invece, per gli esseri umani, come capiscono anche i bambini, questo tipo di ragionamento non può mai essere adottato, per il semplice motivo che conduce di filato alla reificazione delle persone, che vengono considerate al pari appunto di oggetti, forse di particolare valore, ma sempre oggetti e come tali trattati.

La cosa assai strana e perfino strabiliante sta inoltre nel fatto che gli altri – giornalisti, politici, commentatori – chiamati ad interloquire con questi raffinatissimi (di pensiero) scienziati non hanno mai – e dico mai – stigmatizzato in modo chiaro la inaccettabilità di un calcolo costi-ricavi, che considera i morti quali costi e i vaccinati quali ricavi. Costoro, tacendo, avallano l’idea assurda che si possa mercificare le persone e che perciò, se ci sono morti derivanti dalle vaccinazioni, non possiamo fermarci e bisogna andare avanti. Spiace dirlo, ma questi scienziati che affermano cose così gravi senza la coscienza della responsabilità che in tal modo si assumono, non meritano neppure l’appellativo di scienziati: non sono uomini di scienza, perché, per esserlo, non possono tacitare, come invece fanno, la loro coscienza.

Non per nulla, Immanuel Kant affermava che ciò che ha un prezzo non ha dignità, mentre ciò che ha dignità non ha prezzo. Questo per dire che gli esseri umani, dotati di una loro dignità, non hanno prezzo e che, non avendo prezzo, non possono essere valutati secondo la logica del rapporto fra costi e ricavi. E allora, cosa dovrebbero dire gli scienziati di fronte a questi morti? Dovrebbero semplicemente, usando l’umiltà propria dell’uomo di scienza, dire la verità e cioè che non ci possono fare nulla e che ne sono costernati, ripromettendosi di migliorare la terapia attraverso la riduzione degli effetti negativi che possano scaturirne.

Tutto qui. Invece, essi cominciano a sproloquiare, allo scopo evidente di spingere la popolazione a sottoporsi comunque al vaccino, mentre i morti vengono derubricati a costi da pagare tanto fastidiosi quanto ininfluenti. Questi signori dovrebbero poi aggiungere che la sperimentazione dei vaccini sull’uomo – vale a dire la fase quattro – non è stata mai completata, come tutti possono intendere, visto che essa richiede circa due anni di tempo, mentre i vaccini sono stati attivati dopo soltanto pochi mesi. Anche questa verità viene nascosta, nel timore che la gente non si vaccini: sicché la propaganda – in stile sovietico o nordcoreano – sembra aver preso in Italia il posto dell’informazione seria ed onesta. Ma non si vergognano?

Aggiornato il 16 marzo 2021 alle ore 09:17