Vincitori e vinti

La modifica costituzionale per la riduzione dei componenti le due Camere era stata votata e sostenuta da quasi tutti i partiti. Il No proveniva dalla società civile senza condizionamenti ideologici o obblighi di ubbidienza verso il partito di orientamento. Tra i partiti, la vittoria referendaria è stata figlia di molti padri mentre la sconfitta orfana di tutti.

Per quanto riguarda il voto amministrativo, il Partito Democratico può festeggiare di aver perso solo una Regione, per quanto simbolicamente importante come le Marche, aver scongiurato lassedio in Toscana e mantenuto, con considerevoli scarti di maggioranza, le altre due. Nelle quali, peraltro, i governatori riconfermati, piddini eterodossi, hanno dimostrato, da tempo, una certa dissonanza rispetto alla linea politica centrale del partito.

Il centrodestra mette a segno la solida riconferma di Giovanni Toti e quella, con percentuali bulgare, di Luca Zaia ma soprattutto espugna la storica roccaforte marchigiana. Quindici Regioni sono in mano al centrodestra e solo 5 al centrosinistra. Ma, soprattutto, gli italiani con il voto regionale hanno dimostrato di non voler essere governati dal Movimento 5 Stelle che crolla, in media, a meno dell’8 per cento dei voti. I grillini si celebrano, intestando la vittoria referendaria come equivalente gradimento da parte degli elettori per il sempre più sbiadito Movimento. Come i tacchini in vista del Natale, la folta rappresentanza parlamentare grillina festeggia non avendo ancora realizzato che tra riduzione degli scranni e crollo nelle urne, resteranno a casa, alle prossime Politiche, almeno 200-230 di loro.

Una coalizione nella quale il principale componente è anche il più debole nelle urne non è fortificata ma fragilizzata a cominciare dai rapporti, già tumultuosi, al suo interno e verso l’altro socio di governo, il Pd. Gli improbabili alleati si dividono anche sulle candidature nelle grandi città: mediocre il giudizio piddino sul primo cittadino della Capitale mentre tramonta, appannata anche giudizialmente, la stella della Appendino, ormai ex candidata alla guida dello sgangherato Movimento. La sola possibilità per i grillini di sopravvivere a questo scampolo di legislatura è piegarsi a qualsiasi richiesta del partner di governo: rimpasto, legge elettorale, Mes, nomine, grandi opere, cittadinanza e immigrazione etc.. Si piegheranno, con già sperimentata disinvoltura, rinunciando alle ultime battaglie identitarie ancora non tradite.

Tenuto in vita artificialmente, il M5s sarà sempre più scolorito nella sua fisionomia politica. Senza forza negoziale perché chi avrebbe più da perdere da una crisi al buio è proprio il M5s. Ma, anche sopravvivendo a questo scorcio di legislatura, il destino dei grillini all’irrilevanza è solo rimandato.

 

Aggiornato il 23 settembre 2020 alle ore 10:09