La nostra non è più una Repubblica parlamentare

Sono un ingegnere e quindi sicuramente impreparato in una disciplina difficile e complessa quale quella legata al “Diritto costituzionale” cioè di quella branca del diritto pubblico che si occupa dell’evoluzione e dell’organizzazione dello Stato e dei rapporti tra autorità pubblica e individuo. Da due anni però, cioè da quando si sono susseguite con una inimmaginabile velocità due compagini di Governo quanto meno anomale, sono rimasto davvero sconcertato dal cambiamento dell’assetto costituzionale del nostro Paese. Ho cercato, quindi di approfondire il significato di “Repubblica parlamentare” e ho trovato questa sintetica definizione:

 

Leggendo questa definizione e tentando di verificare se nel nostro Paese vive ancora una simile organizzazione dello Stato scopriamo che il Parlamento non esiste più, scopriamo che il Parlamento non svolge più il suo ruolo, non esercita più la sua funzione. Ho cercato di fare una attenta analisi dei provvedimenti di legge approvati dal Parlamento sia durante il primo Governo Conte, sia durante il secondo Governo Conte, cioè ho effettuato una analisi nell’ultimo biennio ed ho scoperto che per oltre il 90% (novanta per cento) i provvedimenti sono stati approvati con Decreto legge. Sì, cosa davvero rara, ma anche il Disegno di legge di Stabilità ha seguito tale procedura. Non posso inoltre non denunciare una ulteriore anomalia: per evitare che i Decreti legge non si trasformassero in legge, il Governo ha fatto ricorso al voto di fiducia varando in tal modo un “maxi emendamento”.

Questo comportamento che per un atto di correttezza verso il Governo ritengo “anomalo” ma, se per un attimo ridimensionassi il mio senso di rispetto definirei antidemocratico e antitetico ai principi della Costituzione, è stato più volte denunciato e criticato in modo formale sia dalla presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, che della Camera dei deputati, Roberto Fico, e mi sarei aspettato anche una nota del presidente della Repubblica, perché onestamente questo comportamento non è solo un attacco alla nostra democrazia ma, cosa ancora più grave, è un annullamento inconcepibile del ruolo istituzionale del Parlamento.

La cosa più grave è che la mia non è solo una contestazione procedurale ma anche una denuncia sulle modalità con cui la macchina parlamentare è costretta a lavorare e mi riferisco, in particolare, all’avanzamento dei Programmi e delle scelte strategiche che le Commissioni competenti non possono rilasciare perché in questi due anni le singole Commissioni sono state praticamente soggette a calendari che hanno reso quasi impossibile una naturale evoluzione dei lavori delle Commissioni stesse.

Mi chiedo a che punto sono i Contratti di Programma delle Ferrovie dello Stato e dell’Anas e mi chiedo cosa fa il Governo delle varie mozioni o dei vari ordini del giorno in cui il Parlamento “impegna il Governo...”.

Le risposte purtroppo sono preoccupanti: i Contratti di Programma delle Ferrovie dello Stato e dell’Anas dopo anni solo nel mese di maggio scorso hanno finalmente ricevuto i relativi pareri, mentre degli “ordini del giorno” e delle “mozioni” c’è solo un’ampia catalogazione utile per testimoniare una attività di routine dei parlamentari, utile per dimostrare che il Parlamento, ogni tanto, si ricorda di determinati collegi elettorali. Molti diranno che in fondo questo comportamento non è ascrivibile solo agli ultimi due anni; anche in passato questa logica anomala e discutibile era stata adottata da molti Governi. È vero, c’è però una differenza sostanziale: mai in passato la intera macchina dello Stato era stata così ferma e la causa essenziale di tale stasi è da ricercarsi proprio nella inconcepibile lentezza  con cui un provvedimento legislativo diventa operativo, con cui un provvedimento ed una scelta del Governo o del Parlamento incide davvero sul tessuto socio economico del Paese e questa folle inerzia è proprio generata dalla miriade di Decreti attuativi che, legati a Leggi sempre più complesse, rimangono non operativi per giorni, per mesi, per anni. Ripeto, non ci sono alibi, non ci sono giustificazioni: è davvero preoccupante che nell’ultimo biennio sia crollata del tutto questa funzione democratica, sia crollata del tutto questa obbligata relazione tra Parlamento e Governo soprattutto in merito alla richiesta di chiarimenti sia sul mancato avvio di infrastrutturazione organica del Paese, sia sul blocco di risorse al comparto delle costruzioni.

Mi chiedo cosa racconteranno fra pochi mesi o fra quasi tre anni agli elettori tre partiti come il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e la Lega non su ciò che hanno fatto o non hanno fatto ma sulla triste sottovalutazione del Parlamento.

Non sarà facile perché forse spesso non ce ne rendiamo conto ma la base elettorale è intelligente e, soprattutto, non dimentica.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 26 giugno 2020 alle ore 16:58