Lo Stato di diritto non vige per Benetton?

Per quel che si sa, e si sa poco della sostanza politica, la tragedia del ponte Morandi pare essersi trasformata nel caso Benetton, che vorrei porre così: “Lo Stato ha il diritto o addirittura il dovere di vendicarsi dei Benetton?”.

In questo interrogativo, a mio parere, consiste la “questione autostrade” che travaglia il Governo. Prescindendo da eventuali clausole della concessione, peraltro rimasta a lungo inspiegabilmente, e forse illecitamente, segreta, la questione risulta molto discutibile alla luce dello Stato di diritto, sconosciuto da certi ebetini su poltrone ministeriali più grandi di loro.

Per esporla in termini semplici e comprensibili a chi desidera valutarla anziché castigare cittadini per una soddisfazione purchessia, userò la formula di scuola. Dunque, Tizio è proprietario delle azioni di controllo di una s.p.a. che è proprietaria delle azioni di un’altra s.p.a. a sua volta proprietaria dell’autostrada sulla quale insisteva il ponte crollato uccidendo decine di ignari utenti che confidavano nella sicurezza della costruzione a cura della società concessionaria. Verificatasi la tragedia, la responsabilità viene dagli ebetini immediatamente addossata alla società e, a ritroso, non solo agli amministratori legali, ma anche agli azionisti di controllo delle due società proprietarie, i quali hanno l’unica colpa di aver nominato, a cascata, quegli amministratori.

Questo è il contesto giuridico, nel quale hanno purtroppo trovato accoglimento trattative oblique e iniziative tortuose. Sarà bene ricordare che le società per azioni sono proprietà degli azionisti, non solo degli azionisti che le controllano; che esse sono soggette alla legge e alla vigilanza della Consob; che manipolare artatamente il corso delle azioni di una società può costituire reato; che modificare forzatamente l’azionariato integra l’esproprio senza indennizzo vietato dalla Costituzione; che la confisca ad hoc, fuori dalle fattispecie previste dalla legge anteriore al fatto, viola la Costituzione; che tutte le suddette iniziative sono pure contrarie all’ordinamento dell’Ue, che è comunque superiore alle leggi italiane. La naturale pietà per le vittime della tragedia e la più fervida partecipazione al dolore dei congiunti non devono trattenere dalla critica severa della tendenza alla giustizia sommaria che sembra affiorare dalle intenzioni e dalle azioni del Governo. È impopolare dirlo? E sia!

Ciò premesso e considerato, le transazioni che sarebbero in atto, come riportate dalla stampa, sono uno sviamento di potere, nella migliore ipotesi, in violazione dello Stato di diritto, perchè nessuna colpa è stata accertata in giudizio, nessun responsabile è stato giudiziariamente individuato, nessun risarcimento è stato quantificato da una sentenza. Il fatto che si senta dire che la revoca o la conferma della concessione autostradale siano subordinate in tutto o in parte, al trasferimento (non volontario) delle azioni della società concessionaria e delle società controllanti a enti pubblici o parapubblici o in mano allo Stato rappresenta una punizione abnorme degli azionisti di maggioranza e di tutti gli altri azionisti delle società interessate, cioè degli investitori italiani e stranieri che in base ai parametri di mercato, tra i quali spicca la fiducia nei gestori delle società, hanno comprato le azioni.

Quando accadono tragedie d’altro tipo ma egualmente dolorose, come i disastri aerei, le compagnie risarciscono le vittime, ma le colpe giuridiche eventuali del pilota non ricadono, generalmente parlando, sull’amministratore delegato né tantomeno sul presidente o sul maggior azionista della compagnia. Insomma la composizione della “vertenza autostrade”, che sembrerebbe profilarsi, avrebbe solo la parvenza della legalità. In fatto, sarebbe contraria al diritto e alla giustizia: ius a iustitia non iustitia a iure!

Qualsiasi azionista sa di poter rischiare l’investimento nei limiti del portafoglio azionario: è l’essenza giuridica ed economica dell’azionariato. Il Governo afferma di voler agevolare in ogni modo gl’investimenti. Ma non pare proprio un incoraggiamento ad investire l’insinuare negl’investitori il dubbio che il Governo possa modificare a forza il gruppo di controllo di una società per azioni nella quale hanno impiegato i loro soldi. E poi, perché ai Benetton dovrebbe essere applicata una sorta di lex specialis, cioè disposizioni legislative ed amministrative cucite addosso agli stessi Benetton dopo i fatti, non norme generali ed astratte destinate a tutti? E quale morale deve trarsi dal comportamento di un Governo che approfitta di una tragedia per assicurarsi vantaggi danneggiando privati incolpevoli? È stato ben detto che il Governo non deve condurre affari, ma amministrare la giustizia tra uomini d’affari.

Aggiornato il 23 giugno 2020 alle ore 15:56