Ciò che manca al Recovery Fund

Il dilemma non è solo quando arriveranno le enormi risorse promesse dall’Europa per il rilancio dell’economia del Vecchio Continente prostrato dalla pandemia. La tempistica, si sa, è di fondamentale importanza. Se forniti, nel tempo e nella misura giusti, i soldi europei sono talmente tanti da potere difficilmente fallire l’obiettivo che si prefiggono. Ma accanto alla questione di tempi oltre che del quantitativo reale, il dilemma principale riguarda la destinazione di tale massa di denaro. Non è un caso che la cancelliera tedesca Angela Merkel, nell’annunciare il via libera al Fondo per la Ripresa, abbia precisato che i partner europei dovranno discutere e concordare non solo gli indirizzi da dare a queste risorse, ma anche le tasse e le spese dei singoli Stati.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è preoccupato solo di presentare come un grande successo la decisione del Recovery Fund. Ma non ha speso una sola parola per commentare le parole della Merkel, che sono apparse ai partiti dell’opposizione come la conferma che non ci saranno soldi dall’Europa senza un controllo da parte dell’Europa stessa del modo con cui verranno spesi e dei modi con cui dovranno essere restituiti.

L’atteggiamento di Conte è più che comprensibile. Perché il Fondo per la Ripresa costituisce un’immensa opportunità, ma rappresenta anche un enorme problema politico per una coalizione di governo profondamente divisa non solo sull’eventualità di un controllo da parte dell’Europa e di condizioni troppo pesanti per la restituzione, ma lacerata soprattutto sugli indirizzi da dare al flusso di finanziamenti promessi e che presto o tardi dovrebbero comunque arrivare.

L’opposizione dichiarata di una parte del Movimento 5 Stelle al Mes indica che questa stessa parte non accoglierà di buon grado gli inevitabili condizionamenti che fanno parte integrante dei finanziamenti. Ma per Conte questa è forse la difficoltà meno rilevante da superare. L’ostacolo più grande è di natura ideologica sull’indirizzo da dare al flusso. Verso la ripresa del modello di sviluppo esistente al momento dello scoppio della pandemia, fondato sul mercato, o verso un diverso modello di sviluppo che al posto del mercato pone l’assistenza?

Sbaglia chi crede che all’interno della coalizione governativa ci sia un Partito Democratico favorevole al rilancio del modello fondato sul mercato ed un M5S tutto proiettato verso il modello totalmente assistenziale. All’interno del maggior partito della sinistra e dell’intera sinistra, infatti, le componenti ideologicamente assistenzialiste non mancano affatto. E anzi, sono fin troppo presenti con quelle forze ispirate a Papa Francesco e nel mondo dei gesuiti che rappresentano i loro più autorevoli e tenaci sostenitori e promotori.

Può un governo diviso così profondamente gestire, dopo aver gestito la fase dell’emergenza, quella successiva e più importante della ripresa? Un interrogativo del genere solleva automaticamente la prospettiva del governo di unità e solidarietà nazionale. Ma impone anche una diversa riflessione. Alla fine della Seconda guerra mondiale il piano di aiuti Usa all’Europa era il frutto di un grande disegno politico, quello di strappare il Vecchio Continente al modello del totalitarismo comunista e di inserirlo in quello alternativo della libertà delle persone e delle imprese. Qual è il disegno politico che si trova dietro il Recovery Fund?

La vera crisi dell’Europa è tutta qui!

Aggiornato il 27 aprile 2020 alle ore 10:49