La libertà personale è inviolabile, il domicilio è inviolabile, la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. Sono le “tre libertà inviolabili” che incorniciano il volto dello Stato democratico per come scolpito nella Costituzione repubblicana.
La legge sulle registrazioni o captazioni approvata il 24 febbraio scorso dal Parlamento stupra il bene che i costituenti vollero garantite prima di ogni altro, perché il più alto, nobile e fondamentale di tutti: la libertà.
Il potere statale illimitato e indiviso non avrebbe più dovuto avere cittadinanza, il Leviatano di Hobbes avrebbe dovuto scomparire per sempre dagli scaffali della politica e della legge. Così, stando alla lettura dei lavori dell’Assemblea costituente, pensò chi scrisse gli articoli 13, 14 e 15 della Costituzione. Quegli uomini e quelle donne, dopo avere speso sudore e sangue, pensarono di issare sul tetto della Repubblica, finalmente e per sempre, la bandiera della libertà personale e ammainare, finalmente e per sempre, quella truce della prepotenza e invadenza dello stato nella vita degli individui.
Le norme di recente conio, fortemente volute dal Movimento 5 Stelle e supinamente accettate dal Partito Democratico, Leu e, sul finale, anche da Italia Viva, pone non solo una questione di appartenenza politica o di pratica di governo, ma anche e principalmente il problema del rispetto dei valori fondativi della democrazia liberale e del principio della separazione dei poteri.
Ammettere l’uso del trojan, ossia di un software inoculato in cellulari, computer e tablet, per captare e registrare le conversazioni di chiunque con chiunque sia un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio - ossia un sindaco o un ministro, un assessore o un impiegato comunale, un dirigente o un insegnante - fuori o dentro una telefonata, fuori o dentro le abitazioni, fuori o dentro le automobili, ristoranti o bar, nelle piazze come nei parchi, è un vero e proprio attentato alle libertà, che non si giustifica neppure in un bilanciamento di interessi e di valori con l’esigenza di perseguire reati contro la pubblica amministrazione.
L’inviolabilità delle libertà della persona, del domicilio e di qualsiasi forma di comunicazione sta prima e sopra qualsiasi marchingegno della modernità e prima e sopra qualsiasi reato, ad eccezione di quelli che attentano all’integrità e sicurezza dello stato e della collettività, come possono essere quelli di terrorismo, di strage e di mafia.
Lo stupro è ancora più violento e per questo più graffiante se si considera che la decisione sull’utilizzo del trojan è rimessa ad una sola persona, ossia al pubblico ministero (la Procura della Repubblica). Certo, la legge prevede che per iniziare le indagini e utilizzare il captatore, questi debba chiedere l’autorizzazione al giudice per le indagini preliminari. Va detto però, senza falsare la realtà e guardando a quel che accade ogni giorno nei palazzi del potere giudiziario, che il GIP, nel concedere allo stesso pubblico ministero l’autorizzazione a svolgere le indagini, ha un ruolo essenzialmente notarile, limitandosi a firmare l’autorizzazione dopo una verifica formale dei presupposti giuridici.
Ed è sempre e soltanto il pubblico ministero, poi, che può decidere se utilizzare i risultati delle captazioni anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato autorizzato.
La nuova legge è un inno all’egocentrismo e all’onnipotenza dell’ufficio del pubblico ministero, accendendo ancor di più questa già luminosissima stella del firmamento giudiziario: è infatti il pubblico ministero che decide se invadere vita, casa, auto, ufficio o garage del sospettato, è lui che decide chi e cosa ascoltare, è lui che decide quali risultati utilizzare. E come se non bastasse, è lui che decide se utilizzare le conversazioni anche per reati dei quali, inizialmente, non aveva avuto notizia e per i quali non era stato neppure autorizzato alla registrazione. Sic!
Come l’Idra di Lerna, il serpente dalle nove teste che non muore mai, così il Leviatano è stato fatto risorgere.
Aggiornato il 27 febbraio 2020 alle ore 10:37