Altro segnale inquietante targato 5 Stelle

Come ampiamente riportato dai mezzi d’informazione, nel 2019 la produzione industriale ha chiuso con un calo dell’1,3 per cento. Un riscontro negativo che non si vedeva da ben cinque anni e il peggiore dal 2012.

Si tratta dell’ennesimo dato in netta controtendenza rispetto al regno dell’opulenza preannunciato dal Movimento 5 Stelle all’indomani della sua presa del potere, se così vogliamo dire. Nello specifico, numeri alla mano, sembra che nel succitato calo ci sia più che lo zampino dei grillini, se consideriamo che il settore dell’automobile, con un meno 13,9 per cento, risulta quello più penalizzato. Difatti, sono stati proprio i geni pentastellati ad infliggere il colpo di grazia al già difficile mercato interno dell’auto, imponendo all’allora recalcitrante alleato leghista la demenziale ecotassa sulle vetture reputate più inquinanti: in pratica una mazzata fiscale da un minimo di 1.100 euro ad un massimo di 2.500 euro, la quale si applica ad un vastissimo numero di modelli in commercio, utilitarie comprese. Tutto questo, poi, è avvenuto nella solita confusione di annunci e smentite, secondo un costume oramai acquisito da parte dei grillini, il quale non poteva che paralizzare ulteriormente le nuove immatricolazioni.

A tal proposito è interessante riportare l’accorato appello di Nicola Zingaretti, espresso nel ruolo di presidente della Regione Lazio, in una lettera inviata al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, verso la fine di gennaio del 2019, quando il Partito Democratico si trovava all’opposizione: “Gentile Presidente del Consiglio, con l’approvazione della Legge di Bilancio, il 30 dicembre scorso, sono state introdotte nel nostro Paese, senza alcuna forma di concertazione e senza una visione industriale sul settore, l’ecotassa sulle auto con emissioni di anidride carbonica superiori a 160 g/km e l’ecobonus per quelle fino a 70 g/km. Senza entrare nel merito di questa scelta, che ritengo comunque contribuirà solo in maniera molto parziale a una battaglia comune sulla riduzione delle emissioni e sulla lotta ai cambiamenti climatici, desidero esprimerle la mia viva preoccupazione per le possibili conseguenze di tali misure sul comparto produttivo nel settore automotive che, come noto, rappresenta per tutto il sud della provincia di Frosinone e per l’intero Lazio un settore fondamentale, in termini di sviluppo, export e occupazione”.

Ora, si deve riconoscere, numeri alla mano, che erano ben più che fondate le preoccupazioni di Zingaretti. Solo che, secondo una legge piuttosto in voga nella politicaccia italiana, una volta giunto nella stanza dei bottoni, il buon Nicola sembra essersi completamente dimenticato della importante questione sollevata, visto che a quanto pare nessuna modifica sostanziale a codesta imposta ideologica, e dunque sbagliata per definizione, il suo partito è riuscito ad apportare.

Nel nome di una stabilità di governo che continua a produrre danni, nell’ambito di un quadro socio-economico dominato dai colpi di genio pentastellati, non facciamo che registrare solo segnali inquietanti. Segnali di un declino che si fa sempre più veloce e che viene scandito dalle misure di una forza politica senza futuro e con un consenso reale nel Paese ridotto ai minimi termini.

In tal senso, il leader del Pd, pur comprendendo che un voto anticipato riconsegnerebbe il Paese alle “orde” leghiste, avrebbe comunque la possibilità di rendere un grande servizio al Paese, chiudendo definitivamente la stagione delle illusioni grilline, che così tanti problemi aggiunti hanno creato all’Italietta delle speranze perdute.

Aggiornato il 12 febbraio 2020 alle ore 11:18