Prescrizione, ma ai 5S ora conviene il voto

La smentita di Palazzo Chigi è arrivata a velocità fotonica. Nessuna minaccia di dimissioni da parte del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, e conseguente inevitabile crisi di governo come era trapelato, nel caso in cui Giuseppe Conte avesse recepito le richieste del Partito Democratico e soprattutto di Italia Viva per una sospensione di un anno della legge sulla prescrizione e che, in un primo tempo, voci di palazzo ritenevano raggiunto un punto di mediazione di sei mesi. Entrata in vigore dal 1 gennaio e contrastata non solo dall'avvocatura, finalmente da ampie frange dell’opinione pubblica e da importanti settori dell'Accademia, la riforma di Bonafede ha sollevato forti critiche anche da parte della stessa magistratura, a cominciare dalla Cassazione entrata in allarme per il rischio evidente, manifestato dal presidente Giovanni Mammone, di intasamento del sistema giudiziario con un surplus di lavoro di circa 25mila processi all’anno.

Le infinite trattative e le tentate mediazioni sulla riforma fortemente voluta dal Guardasigilli non celano però, al contrario rilevano con evidenza, i crescenti scricchiolii della maggioranza governativa. E spingono una sotterranea ma possibile angolazione politica da cui Bonafede e una parte dei 5 Stelle potrebbero esser costretti a guardare lo scacchiere politico e decidere le prossime loro mosse. Perché sì, il Guardasigilli tiene muscolarmente il punto, non arretra, impone la sua apodittica contrarietà a qualsiasi forma di compromesso sulla sua riforma contro tutti mentre la compagine di maggioranza sta zoppicando ed inciampando tra i tatticismi, le incongruenze, la moltiplicazione dei lodi sull’istituto giuridico nemico giurato di Bonafede e delle linee (a dir poco grottesche) da parte di esponenti del Pd. Pensiamo ad Andrea Orlando, che dopo aver firmato a suo tempo nel Governo Renzi una riforma sulla prescrizione certo meno sciagurata di questa, ha sfidato il senso del ridicolo appoggiando Bonafede, che la sua riforma l’ha cancellata, per tener testa al leader di Iv ufficialmente pronto a votare contro il ‘Fine processo mai’ di Bonafede insieme a Forza Italia ai Radicali e alla Lega e FdI.

Ma è innegabile, e ai 5 Stelle non sarà sfuggito dando un’occhiatina in giro, che il Pd, nel frattempo, grazie alla joint-venture con le Sardine in Emilia abbia avviato una scaltrissima e vincente operazione di spolpamento del movimento fondato da Beppe Grillo. Il Pd sta andando all’incasso, a questo è servita l’operazione sardine: trovarsi pronto ad accogliere l’eredità dei prossimi futuri orfani elettori pentastellati. I 5 Stelle potrebbero dunque a questo punto trovar conveniente far cadere questa larva di esecutivo e andar a breve giro alle urne. Prima di liquefarsi del tutto. E doversi riversare in massa nelle liste di attesa per il reddito di cittadinanza. Se non si affrettano rimarranno soltanto gli ossicini che nemmeno i gatti si possono ingoiare per non bucarsi il pancino. Con uno sguardo stellato al passato i Cinque Stelle, se invece di dar vita al governo con il Pd avessero accettato di andare ad elezioni anticipate come aveva chiesto Salvini, avrebbero incassato un risultato certamente negativo ma superiore a quello che otterrebbero ora e, soprattutto, molto migliore di quello che otterranno tra un anno o a naturale scadenza della legislatura con un’esperienza di governo devastante alle spalle e rischiando di trovarsi sotto il 10 per cento come in Emilia-Romagna e in Calabria.

Come non capire che il governo gialloverde ha aiutato a crescere la Lega e l’attuale giallorosso il Pd a non crollare? E sempre cedendo quote di elettorato! Condurre alle estreme conseguenze l’irremovibilità del guardasigilli sulla prescrizione, che è la creatura simbolo e qualificante dell’azione del più pervasivo ministro dei 5 Stelle, assicurerebbe dunque un’uscita ‘di principio’ dall’esecutivo, un simbolico atto di fede ai principi manettari e ai valori dei 5 Stelle agli agli occhi dell’elettorato più unilateralmente legalitario e forcaiolo. Un’uscita dalla forte valenza simbolica  la cui dimensione nel connotare positivamente l’azione politica non è ignota ormai nemmeno ai pentastellati. Sic transeat gloria astrorum.

Aggiornato il 06 febbraio 2020 alle ore 16:45