In liberale difesa dell’indifendibile Fioramonti

Grande è la confusione sotto il cielo del ministro della Pubblica Istruzione, Lorenzo Fioramonti. Ma la situazione non è affatto ottimale. E non tanto per questo improvvido esponente del Governo giallo-rosso le cui trovate ed iniziative sono così divisive ed autolesioniste per lo stesso Esecutivo da spingere subito gli alleati a considerarle azioni da archiviare nel giro di una manciata di giorni. Ma soprattutto per quella parte di opposizione di centrodestra che è capace di esprimere, seppure con voce fioca, la capacità di discernimento ed il rifiuto di lasciarsi inghiottire dall’aggressione compulsiva nei confronti dell’avversario politico. E che, in occasione dell’ultima bufera che ha travolto il ministro, avrebbe dovuto ricondurre la vis polemica su toni meno aggressivi e più ispirati ad un’autentica visione liberale.

L’antefatto nasce dalla decisione di Fioramonti, risalente a quando non era ancora alla guida del ministero della Pubblica Istruzione, di non far sostenere il test di italiano a suo figlio di otto anni, arrivato da poco dal Sudafrica, ed iscriverlo in una scuola inglese, dunque privata. Scelta che ha scatenato un vespaio di contestazioni da parte di molti esponenti della destra, dei media più radical-conservatori e il discutibile annuncio del ministro di ricorrere al garante della Privacy per tanto “azzardo” mediatico. Circostanza ancor più ridicola perché l’imbarazzante Fioramonti non deve aver nemmeno previsto che media e avversari politici si sarebbero dedicati a scandagliare “corsi e ricorsi” della vita scolastica del figlio.

Fioramonti, d’altronde, non ha per nulla bisogno di essere aiutato nel compito di mettersi in cattiva luce. Quasi un dovere a cui il titolare del Miur assolve da tempo egregiamente da solo non soltanto avendo in più occasioni pronunciato pubblicamente frasi fuori luogo, offensive, sessiste, da odiatore professionista, contro chiunque non incontrasse la sua simpatia, ma soprattutto lanciando proposte come l’abolizione del crocifisso nelle aule, la tassa “etica” su merendine e voli nonché la nomina dell’ecologista rockstar anti-Ogm Vandana Shiva nel comitato scientifico di cui ha previsto si avvarrà il Miur e la proclamazione della giornata di sciopero ecologista accordata agli studenti italiani al fine di consentirne la partecipazione alla manifestazione per il clima “Fridays for future”.

Per quale motivo tornare su una notizia già divorata e digerita dell’attualità della cronaca politica nazionale, dunque? Perché se non deve essere ancora chiaro al ministro Fioramonti che a partire dal minuto successivo alla sua nomina, ha abbandonato le vesti di cittadino privato per vestire quelle di personaggio pubblico e come tale deve prevedere la rinuncia ad una buona fetta di riservatezza, è invece evidente che pretendere dal ministro in modo aggressivo e gridato una spiegazione, poi arrivata dall’ufficio di presidenza della scuola inglese dove era iscritto il figlio, e rivendicare con prepotente arroganza il diritto di esigere una spiegazione sulle motivazioni di una sua scelta individuale e legittima, per dissipare il rischio di smarrimento, inquietudine e turbamento delle famiglie italiane, non è un modo lungimirante di fare opposizione.

Cercasi una destra liberale che sia in grado di non seguire gli umori della piazza e si dimostri decisa a non saltare in sella, lancia in resta, ad ogni possibile falso e pretestuoso appiglio che consenta di sollevar polemiche e aizzare le opposte tifoserie. Quella lancia nemmeno troppo alla lunga finisce per tornare in testa a chi l’ha sdegnosamente e rumorosamente scagliata. Intanto, se la decisione del ministro Fioramonti di scegliere una scuola inglese privata per il figlio fosse anche stata dovuta ad una scarsa fiducia nel sistema scolastico italiano, vorrà dire che d’ora in avanti ci si attenderà da lui un impegno ciclopico per migliorarne le infinite criticità. Magari iniziando col fare a meno di Vandana Shiva.

Aggiornato il 11 ottobre 2019 alle ore 17:05