L’aquario di Roma: se lo squalo bianco è un pesce rosso

A proposito dell’ircocervo M5S-Pd. Stavolta non stiamo su.. “scherzi a parte”! Però, come si dice tra amici, bisognerebbe che qualcuno si facesse.. “visitare da uno bravo”, esperto in psicoanalisi. Prendiamo l’abbaglio del sovranismo salviniano. Onestamente, come si può scambiare un piranha per un pesce rosso? Ovvero, come ci si poteva illudere di compagni di strada come i nuovi soci dell’Europa dell’Est che ti fanno grandi sorrisi nelle riunioni conviviali tra sodali ma che poi, quando si tratta di fare i conti veri, come suddividersi fraternamente i migranti dei barconi o permettere a un confratello di sforare sul deficit, per prima cosa pensano ai soldi e a mantenersi stretti i fondi europei generosamente erogati da Bruxelles, anche e soprattutto a spese nostre?! Sulle “invasioni barbariche” (immigrazione dall’Africa, in particolare) chi abita territori interni può edificare comodamente muri, mentre quelli come noi divisi da qualche miglio marino dalle turbolente coste africane e libiche non possono chiudere il Mediterraneo, né sperare in alcun modo nella solidarietà continentale. Questo perché lo Scorpione di Rignano (reo del doppio salto mortale che lo ha condotto, con i suoi cento parlamentari poltronisti, a baciare il rospo giallo e benedire la santa alleanza antielettorale M5S-Pd)  ha fatto a suo tempo harakiri prendendosi un’enorme massa di finti profughi (cosa che ha causato il repentino crollo elettorale del suo Pd!) per finanziare in deficit le sue generose elargizioni ai propri clientes dell’impiego pubblico.

Ma, a proposito di miraggi, Grillo e il M5S non stanno messi certamente meglio. Fa anche un po’ mestamente sorridere la conclamata richiesta di discontinuità della Segreteria Pd, quando per tutti i posti chiave c’è una rincorsa spietata da parte di chi nei Governi precedenti e in quello uscente aveva già occupato ambite poltrone ministeriali. A quanto pare, un accessorio indispensabile che tutti i politici e parlamentari italiani (anche di nuovissimo conio) tengono in tasca, per tirarlo fuori alla prima occasione utile, è quell’utensile svizzero multifunzione in dotazione ai boy scout contenente in un unico set le posate fondamentali (coltello, forchetta, cucchiaio e apri bottiglia) per sedersi comodamente alla tavola della spartizione dei posti di potere. Già, perché i nomi incarnano i programmi, una volta in possesso della delega ministeriale. Così hanno fatto  “l’innocuo” Tria, sedendo sulla poltrona che fu di Quintino Sella, e il suicida Salvini, insediandosi in quello che fu il feudo per eccellenza della Dc al Ministero dell’Interno. Il primo ha tenuto ben stretti i cordoni della borsa del bilancio pubblico (dicendo fondamentali “niet” a tutti coloro che volevano sforare i parametri di Maastricht), mentre il secondo ha demolito con pervicacia il monopolio delle Ong sull’accoglienza ai migranti malgrado gli alti lai vaticani e dei benpensanti pariolini.

Ora, che cosa resterà di quella stagione degli ex innamorati Giggino e Matteo Lo Scuro? Semplice: il primo ha solo scambiato il “barbaro” del Nord Italia con quell’altro dalle vocali aspirate, cercando di piazzare la boutade di un Giuseppe Conte super partes che, quindi, non può essere considerato in quota stellata. Di quest’ultimo si narra la meraviglia dell’endorsement (ricorretto via Twitter) di Trump che, evidentemente, soffre di amnesia dato che Conte è stato un entusiasta sostenitore sia dell’accordo con la Cina per la partecipazione dell’Italia alla Nuova Via della Seta, sia  dell’adesione al famigerato "Global Compact" Onu sui migranti. Che cosa perderà irrimediabilmente Di Maio con la sua scelta? Molto, direi, perché lui farà la fine del grande pesce giallo esotico fagocitato nelle fauci del gigantesco squalo bianco comunista, che non mangia i bambini ma solo i bagnanti incauti che si spingono al largo, abbandonando le acque basse e sicure del contratto di governo. Infatti, a ben guardare, quello strambo tipo di accordo permetteva ai due contraenti di conservare perfettamente intatti i due rispettivi Dna politici: la Lega perseguiva i suoi specifici interessi così come i suoi “contraenti” del Movimento e nessuno pretendeva un’alleanza politica (come fa oggi il Pd) che avrebbe privilegiato il partner più scaltro e più esperto, con l’inevitabile forte perdita di identità del meno dotato.

Oggi lo squalo bianco sta per digerire l’enorme pesce palla velenoso di color giallo pestilenza, rimasticandone addirittura la leadership (Conte, al posto di Di Maio e Di Battista, che però hanno conquistato sul campo decine di milioni di voti contro lo zero tondo-tondo dell’ultimo arrivato!). Molti che avevano scelto Grillo e Di Maio in funzione anti-establishment avranno modo di ricredersi amaramente e di vendicarsi cinicamente alla prossima tornata elettorale utile.

Aggiornato il 29 agosto 2019 alle ore 13:47