Pornografia costituzionale

Precisiamo subito un concetto: qualsiasi maggioranza dovesse venire fuori da queste consultazioni sarebbe pienamente legittimata a governare. Ciò lo ribadiamo a beneficio dei professorini che in queste ore usano la Costituzione come foglia di fico per mascherare un’operazione moralmente e politicamente pornografica dietro l’aritmetica costituzionale.

Effettuata la dovuta precisazione, ci corre l’obbligo di dichiarare in maniera esplicita che questa crisi di governo ci restituisce una speranza e una certezza: la certezza è che, quand’anche la sommatoria dei parlamentari fosse sufficiente a far nascere un esecutivo giallo-rosso, ciò non equivarrebbe a sanare il peccato originale di una maggioranza che nasce dall'unione di due forze che si sono dette di tutto in questi anni (il partito di Bibbiano, Grillo che sfanculava Renzi in diretta streaming, Di Battista che viene alle mani con Speranza, l’opposizione durissima del PD in questi quattordici mesi e via discorrendo).

Insomma, il partito di maggioranza relativa in Parlamento si allea con il suo principale oppositore (noi abbiamo ancora qualche dubbio sul positivo esito delle consultazioni) e tutti vorrebbero che noi si facesse finta di nulla. Soprattutto quei militanti un po’ tifosi che sono eccitatissimi per questa nuova avventura non sapendo che potrebbe essere l’ultima.

Renzi è abilissimo a giocare d'azzardo almeno quanto è abile a distruggere tutto quel che tocca. E la speranza è proprio quella che Renzi riesca finalmente a completare l'abbraccio mortale con i cinque stelle varando un governo “sveltina” che ci liberi in un solo colpo dei Pentastar e dei Democratici nel giro di pochi mesi. Se questo sodalizio dovesse nascere, gliene saremmo tutti immensamente grati. Ad oggi i contendenti cincischiano proprio perché sentono il rischio dell'operazione che si accingono a concordare.

Sempre a beneficio dei sovraeccitati, che in questi ultimi giorni ringraziano il mojito e il Papeete credendo che Matteo Salvini abbia compiuto un errore fatale provocando la crisi, vorremmo - forse invano - spiegare loro che non si tratta di uno scivolone ma di una scelta lucida. La politica non è tifo da stadio, scenate di piazza e vaccate popolane da commedianti alla buona. La politica è sangue e merda, interpretazione logica degli eventi, lavoro di cesello, elaborazione scientifica degli scenari futuri. Una roba insomma che non è masticabile proprio da tutti (con buona pace dei cinque stelle secondo i quali un cittadino comune può guidare un Paese).

Per dimostrare la tesi sopra accennata è necessario fare un noioso passo indietro. A margine delle ultime elezioni politiche, la Lega ha fatto lavoro di interdizione per impedire che Di Maio facesse asse col Nazareno. L'operazione è riuscita e il governo giallo verde ha visto la luce. Il gioco era semplice: bisognava sfruttare il gap culturale ed esperienzale dei grillini per prendere in mano il neonato esecutivo e guidarlo drenando consensi ai malcapitati compagni di strada non facendo toccar loro palla. È bastato affidare al Movimento tutti i dicasteri più complicati (quelli economici) tenendo quelli giggioni e scaricando sugli inconsistenti stellati un onere non alla loro portata.Tutti sapevano che il barbatrucco sarebbe stato a termine e che l'alleanza innaturale sarebbe dovuta durare fino a quando il consenso incamerato dalla Lega non avesse raggiunto il punto di massimo.

Dopo una decina di mesi in cui Salvini si è comportato da padrone incontrastato dell'esecutivo crescendo nel Paese, qualcosa è cambiato: i no di Danilo Toninelli, l’ostruzionismo di Elisabetta Trenta, i veti di Giggino Di Maio, i rimbrotti pubblici di Giuseppe Conte e via discorrendo. I Pentastar sembravano aver cambiato marcia giocando allo sfascio come se qualcuno li imboccasse. E il voto a Ursula von der Leyen (il Presidente della commissione Ue che i grillini hanno votato con il Ppe e la sinistra rigorista europea) ha svelato l'arcano: Di Maio aveva capito che se avesse continuato con Salvini sarebbe morto politicamente e si era già attrezzato per cambiare maggioranza non prima di aver imballato ogni iniziativa governativa leghista come un pugile alle corde che blocca l'avversario impedendogli di sferrare colpi.

Cos’altro poteva fare Salvini se non far saltare tutto evitando di passare per colui che annuncia ma non realizza? Difficile spiegare al cittadino comune senza passare per cretino che tu chiudi i porti e poi il Ministro Trenta nottetempo te li apre.

Quali i possibili scenari dell'apertura di una crisi? Tutti positivi: la prima possibilità è quella di passare all'opposizione di un eventuale governo  debole (Pd - 5stelle) facendo ciò che alla Lega riesce meglio ed evitando i rischi di una impopolare manovra economica autunnale. In alternativa (cioè qualora Mattarella sciogliesse le Camere) entrare in campagna elettorale con la  poderosa macchina del consenso salviniana.

Comunque vada Salvini ha vinto e quelli che tifano sinistra ancora non se ne rendono conto: se si va ad elezioni lui ha già asfaltato tutti. Se invece si forma un governo giallorosso, quello per la Lega diventa addirittura un plebiscito rimandato solo di qualche mese. Ma ve lo immaginate un Governo DiMaZingaretti? I primi tre mesi di annunci, poi litigi, poi il sempreverde tavolo per le riforme. Per non farci mancare nulla una spruzzatina di diritti civili, porti aperti ai migranti, spesa pubblica a pene di segugio e sei mesi per elaborare una legge su temi cruciali come Lgbt, cccc, ttcc, unioni civili tra asini e zanzare e leggi a tutela di chi fa sesso con le froge del naso. E se qualcuno obietta è un frociofobo.

Dopo sei mesi di governo giallorosso, Salvini rischierebbe di prendere anche il voto di Fausto Bertinotti. Nelle ultime ore si sente parlare dei due forni tenuti in piedi da Di Maio: altra bufala colossale visto che Giggino i forni non è nemmeno in grado di accenderli, figuriamoci gestirne due contemporaneamente. L’arcano è presto svelato: i Pentastar non vogliono andare al voto, la componente zingarettianiana vuole votare mentre i renziani non ci pensano nemmeno, la Lega vuole le urne e per questo fa azione di disturbo su Di Maio illudendolo che sia possibile trattare. Tutti provano a tirare per la giacchetta i pivelli grillini ma non è una questione di nomi o di programmi. È una guerra tra bande dall'esito imprevedibile.

Aggiornato il 26 agosto 2019 alle ore 13:40