Gli eredi e l’eredità

L’ultima tornata elettorale, in Basilicata, sommata alle precedenti e alle previsioni circa le consultazioni prossime venture, ha riaperto la discussione sulle prospettive politiche del sistema italiano; più precisamente, sui destini delle forze politiche che lo incarnano. I partiti del (ex?) centrodestra sembrano costituire un corpo di elettori abbastanza solido e compatto, prevalente sul (ex?) centrosinistra. Il Movimento 5 Stelle (guai a chiamarlo “partito”!), stando al governo, si oppone al sistema, secondo la stantia formula del partito “di lotta e di governo” ovvero del topo che nella forma disdegna il cacio. Il M5S ha sempre menato vanto d’essere intrinsecamente anfibologico: né di destra né di sinistra, né passatista né futurista, né atlantista né russofilo né cinocomunista, né socialista né conservatore né liberale, ma occasionalmente l’uno e l’altro oppure un po’ e un po’ ovvero un frullato di tutto. La Lega, ormai fortunatamente italica (non secessionista) e italiana (sanamente patriottica), è di centrodestra nei governi regionali e di centrosinistra nel governo nazionale. Questa sarebbe la Terza Repubblica, mentre i partiti che caratterizzarono la Seconda, Forza Italia e Partito Democratico, sembrano afflitti da inguaribile deperimento organico: l’una per ambiguità, non riuscendo né ad opporsi né ad allearsi; l’altro per solitudine esistenziale, indotta dal sentimento di minoranza smarrita.

Il punto tornato in discussione concerne la possibilità che Lega e M5S ereditino i patrimoni elettorali degli altri partiti fino a diventare un architrave della Terza Repubblica, conformando un vero bipartitismo che sostituisca e seppellisca il bifrontismo incoerente, fragile, incompiuto, della Seconda Repubblica, fondata sul maggioritario spurio. Un bifrontismo che, sotto sotto, sperano di resuscitare gli epigoni, persone e partiti, della Seconda Repubblica. A nostro modo di vedere, le ultime elezioni regionali, pur sottoposte all’alea della conferma o della smentita nelle prossime regionali ed europee, mostrano che quella possibilità ha preso i caratteri di una considerabile probabilità. Il M5S, cresciuto nell’opposizione radicale, decresce vistosamente stando al governo. Al contrario, la Lega cresce governando. La tendenza elettorale spingerà i grillini a prendere le distanze dal governo. La tendenza leghista agirà al contrario. I grillini si espanderanno alla loro sinistra e alla loro destra e surrogheranno la tradizionale rappresentanza del Partito Democratico. I leghisti abbracceranno naturalmente l’intero arco potenziale del centrodestra.

Questa probabilità potrebbe comportare l’impensabile: una democrazia bipartitica, in primo tempo solo con la patina formale, poi a lungo andare fors’anche con una sostanziale alternanza di governo. Dobbiamo a riguardo ricordare che in Italia anche i più celebrati politologi e opinionisti trascurano il fatto che in America e Inghilterra i partiti tradizionali che si contendono il governo sono stati definiti, esattamente, due bottiglie vuote con etichette differenti che vengono riempite al momento delle elezioni. E lo ricordiamo perché il contratto di governo stipulato da Lega e M5S sembra prefigurare quella eterogenea commistione programmatica che contraddistingue gli schieramenti delle democrazie anglosassoni, la quale viene deliberatamente perseguita dai rispettivi comitati elettorali per attirare il più ampio ventaglio di elettori di “destra” nella “sinistra”, e viceversa. Ovviamente, questa evoluzione può essere determinata dall’elettorato o indotta dalla legge elettorale uninominale maggioritaria, che a tal punto Lega e M5S avrebbero la forza parlamentare e l’interesse politico ad approvare.

Aggiornato il 29 marzo 2019 alle ore 11:02