Non basta che un dittatorello come Nicolás Maduro riduca alla fame un ricco Paese come il Venezuela. Non basta. Il riflesso condizionato di politici e sindacalisti nostrani è sùbito scattato in difesa degli affamati? No, in difesa degli affamatori, che in nome dell’ultima versione del socialismo opprimono il popolo, costringendolo ad emigrare per bisogno.

Maduro e la sua cricca di prepotenti hanno generato un’inflazione distruttiva, a causa della quale le massaie venezuelane vanno al mercato con un carrello di banconote svalutate per uscirne con un quartino di latte, quando lo trovano. La solidarietà internazionale per Maduro ha la faccia dei governanti russi, cinesi, cubani, e simili, per evidenti affinità elettive, non umane ma politiche. L’alta rappresentante della politica estera europea, che s’aggira con prosopopea tra i grandi d’Europa e del mondo, rappresenta fisicamente l’irrilevanza dell’Unione negli accadimenti internazionali.

Il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri o tacciono o balbettano pensosi e preoccupati più dei partiti che li sostengono che della situazione in cui potrebbero e dovrebbero intervenire con voce netta, evangelica: se sì, sì; se no, no! Passano le generazioni, passano i governi, passano le legislature, ma non scompare l’avversione di troppi Italiani nei confronti delle istituzioni libere.

Il deposito di astio, largo e profondo, quanto incomprensibile e ingiustificato, verso la democrazia rappresentativa, l’imperio della legge, l’economia concorrenziale riaffiora sempre. La vena contraria alla società libera continua a pulsare irrorata dal sangue malato del livore contro un variegato bene migliorabile. In difesa di un male sempre uguale a se stesso, sotto tutti i cieli. La politica estera  è, da sempre,  la cartina di tornasole del carattere interno degli Stati.

Aggiornato il 27 gennaio 2019 alle ore 10:36