Preso Cesare Battisti, grazie Bolsonaro

Cesare Battisti è stato preso, evviva! Da quasi quarant’anni attendevamo di assistere alla cattura del latitante d’oro del terrorismo nostrano. Una delle più atroci pagine dei maledetti “Anni di piombo” non si sarebbe potuta archiviare nella coscienza degli italiani se prima non si fosse chiusa la ferita della fuga all’estero del pluriomicida Cesare Battisti, figura non secondaria di quella stagione di sangue. Affiliato ai “Proletari Armati per il Comunismo” (Pac), una setta di spietati assassini camuffati da rivoluzionari, Battisti ha collezionato quattro ergastoli. Evaso da un carcere italiano agli inizi degli anni Ottanta, è fuggito all’estero grazie alla complicità materiale e morale di una certa sinistra che non ha mai fatto mistero di ritenerlo semplicemente un compagno responsabile di qualche peccatuccio di gioventù di troppo.

Sono stati in tanti a tenerlo al sicuro, persone e istituzioni politiche di altri Paesi. Dapprima la Francia che seguendo l’ambigua “dottrina Mitterand”, fondata sul principio di non concedere l’estradizione per motivi politici ai latitanti di altri Paesi ospitati su suolo francese, ha consentito a Battisti di farla franca. Quando anche Oltralpe l’aria è cambiata il criminale è scappato in Sudamerica. Il Brasile del presidente Inácio Lula da Silva è stata la nuova patria che lo ha accolto da eroe, permettendogli di condurre la vita brillante del libero pensatore dissidente. Poi, alla fine dello scorso anno, è accaduto che i brasiliani scegliessero di farsi guidare da un politico di destra, Jair Bolsonaro, il quale aveva scritto a caratteri cubitali nel suo programma elettorale la riconsegna all’Italia del bandito Battisti in caso di vittoria. Bisogna ammetterlo, senza l’approdo al potere di Bolsonaro per i nostri pur bravi investigatori sarebbe stato impossibile giungere alla cattura del latitante. In previsione dell’arresto, Battisti è riparato in Bolivia nella speranza di proseguire, dopo gli anni brasiliani, la sua vita da uomo libero. Evidentemente l’aria è cambiata anche a La Paz, vista la pronta collaborazione che la polizia locale di Santa Cruz de la Sierra, cittadina dell’ultimo approdo del terrorista, ha fornito agli uomini dell’intelligence italiana che in questi mesi non hanno smesso di tracciarne gli spostamenti.

Ora il criminale Battisti è in arrivo in Italia. Il decisivo appoggio brasiliano ha permesso di superare anche l’ultimo scoglio che avrebbe potuto complicare l’iter della procedura di estradizione. La Legge brasiliana per la consegna del latitante, infatti, avrebbe richiesto al nostro Paese un impegno solenne sulla non applicazione dell’ergastolo al soggetto estradato. La Bolivia invece non prevede analoghe condizionalità alla riconsegna dei latitanti, perciò la cella che attende Battisti al suo arrivo questa mattina all’aeroporto romano di Ciampino sarà la sua dimora definitiva. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che da quando ha ricevuto la notizia della cattura non ha smesso di esultare, può a ragione vantarsi del risultato raggiunto. Il neo-presidente brasiliano infatti non ha mai fatto mistero del fatto che ritenesse la consegna del terrorista all’Italia come una sorta di omaggio al leader leghista di cui condivide il programma politico e l’impostazione ideale. Non è un caso che ieri, a poche ore dall’arresto di Battisti, il figlio di Bolsonaro, Eduardo, deputato federale nel suo Paese, ha inviato a Salvini il seguente messaggio: “Il Brasile non è più terra di banditi... il ‘piccolo regalo’ è in arrivo”. In realtà il giovane politico si sbaglia, non si tratta di un piccolo regalo ma di un grandissimo atto politico compiuto dalla nuova dirigenza brasiliana che riavvicina il Paese sudamericano all’Italia, dopo gli anni della vergogna quando il presidente Lula preferì sbattere le porte in faccia alle legittime richieste italiane pur di proteggere il criminale suo compagno di fede politica. In questa fausta giornata un pensiero commosso va ai familiari delle vittime della crudeltà di Battisti non solo per un parziale ristoro per il torto subìto nell’aver assistito per decenni alla sfrontata protervia del terrorista che ha vissuto negli agi la sua latitanza, ma anche per premiare l’esemplare compostezza mostrata nel sopportare la sconcertante maestria di quella sinistra radical-chic che ha trasformato, nel suo perverso storytelling, i carnefici in vittime incomprese.

Le abbiamo ancora negli occhi e nella mente le deliranti espressioni del manifesto-appello sottoscritto da 1500 cosiddetti intellettuali per la liberazione di Battisti in occasione del suo fermo in Francia, nel 2004, prima della fuga “pilotata” in Sudamerica. Lo dipingevano così quell’assassino, avanzo di galera: “Un uomo onesto, arguto, profondo, anticonformista nel rimettere in gioco fino in fondo se stesso e la storia che ha vissuto. In una parola, un intellettuale vero”.

In cuor nostro, auspicheremmo che oggi il caviale con cui sono usi pasteggiare vada di traverso a quei sepolcri imbiancati, professionisti della morale a senso unico e falsari recidivi della verità. Così come ci auguriamo che dopo decenni di bella vita, rubata alla bilancia della Giustizia, il detenuto Cesare Battisti sconti fino all’ultimo giorno di vita la pena per i crimini commessi che gli è stata inflitta dai tribunali della Repubblica in esito a sentenze pronunciate in nome del popolo italiano. Senza sconti e premi di alcun genere, perché se anche volessimo stare alla contabilità della misericordia, il signor Battisti gli eventuali, comunque non dovuti, premi li ha riscossi anticipatamente nei lunghi anni vissuti da uccel di bosco.

Aggiornato il 15 gennaio 2019 alle ore 12:08