Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, è convinto che le grandi opere siano delle “mangiatoie”. Ed essendo intriso di giustizialismo da strapazzo sostiene che per eliminare la mangiatoia non ci sia altra strada che cancellare le cosiddette grandi opere. Se questa sciocchezza fosse solo il frutto di pregiudizio ideologico, ci sarebbe poco da dire. Ognuno è libero di pensarla come crede tranne che pretendere di imporre con la forza le proprie convinzioni agli altri. Ma il guaio è che non c’è solo l’ideologia a muovere Toninelli. C’è anche, e probabilmente soprattutto, l’assoluta ignoranza di quale sia la vera radice della corruzione nel nostro Paese. Una radice che non riguarda affatto le dimensioni delle opere pubbliche visto che non è affatto impossibile esercitare controlli attenti e rigorosi sulla regolarità degli appalti e delle attività successive. Ma che è la conseguenza del gigantismo degli apparati burocratici e clientelari che sono stati messi in piedi in decenni e decenni di statalismo, prima fascista e poi cattocomunista, instaurato per mantenere sempre inalterata la distanza che nel nostro Paese separa lo Stato e le sue caste privilegiate e la massa dei cittadini condannati a rimanere sempre sudditi.
Il meccanismo perverso che è prodotto dall’apparato burocratico-clientelare non si manifesta solo quando si avviano le grandi infrastrutture ma, come qualsiasi cittadino-suddito potrebbe spiegare agevolmente all’inconsapevole ministro Toninelli, scatta a qualsiasi livello del sistema istituzionale. La corruzione opera indisturbata nei villaggi e nelle grandi città. E non perché gli italiani abbiano una sorta di tara genetica che li spinge sempre e comunque nell’illegalità. Ma perché la cultura dello statalismo elefantiaco e le procedure prodotte da questa cultura portano quasi inevitabilmente al malaffare.
Toninelli pensa che puntando sulla paralisi dell’innovazione delle infrastrutture la mangiatoia abbia automaticamente fine. Ma gli basterebbe un piccolo sforzo mentale per capire che passando dalle grandi alle piccole opere la corruzione sarà forse meno concentrata, ma sicuramente più diffusa. Questo sforzo, però, non può farlo. Per la semplice ragione che il suo statalismo è del tutto simile a quello di chi lo ha preceduto.
Aggiornato il 27 agosto 2018 alle ore 12:03