Il partito di Renzi, cioè il Partito Democratico depurato di ogni forma di opposizione seria, ha trovato due foglie di fico in grado di assicurare la sua volontà di realizzare una coalizione larga in vista della campagna elettorale. La prima, quella confermata dall’alleanza in Sicilia, è rappresentata dal partito di Angelino Alfano (o forse con il solo Alfano e qualche suo amico). La seconda è costituita da Giuliano Pisapia e dai suoi più fidati sostenitori. Grazie alla foglia di fico alfaniana che lo copre a destra e a quella di Pisapia che svolge lo stesso ruolo a sinistra, Matteo Renzi può smentire l’accusa di non essere in grado di realizzare alleanze larghe ed è in grado di sfruttare al meglio la riforma elettorale in approvazione alla Camera dei deputati per cercare di uscire dalle elezioni di primavera come il leader della coalizione più forte a cui spetta di diritto il compito di formare il nuovo Governo.
Chi immaginava Renzi accecato dal proprio egocentrismo e incapace di predisporre una qualche strategia articolata con alleati di un versante e dell’altro è accontentato. Nessuno dubita che nel disegno renziano i vari Alfano e Pisapia debbano avere lo stesso ruolo che i comunisti polacchi diedero al partito dei contadini dopo l’occupazione sovietica. Ma nessuno può mettere in discussione che il “metodo Gomułka” (il leader comunista polacco che usò come copertura il partito dei contadini) sia perfettamente funzionale alla nuova legge elettorale che premia le coalizioni.
Si tratta ora di vedere, però, se alla prova dei fatti la coalizione renziana risulterà attrattiva o meno. E qui il paragone con la Polonia del primo dopoguerra non è più proponibile. Perché Gomułka aveva l’Armata Rossa alle spalle e un partito in grado di conquistare la maggioranza. Renzi, invece, non ha più i consensi dei poteri forti di cui godeva negli anni passati e un partito che ha perso una fetta consistente dei propri voti. Saranno in grado Alfano e Pisapia di colmare il vuoto provocato dalla scissione della sinistra tradizionalista dei Bersani, D’Alema e Speranza?
Il segretario del Pd calcola che con Alfano e Pisapia ottenne il quaranta per cento in occasione del referendum perso nel dicembre scorso. I suoi nemici ricordano che i voti dei referendum difficilmente si ripropongono nelle elezioni politiche. Al momento, comunque, la legislatura futura dipende da questa incognita e da quella sull’attrattività del centrodestra.
Aggiornato il 10 ottobre 2017 alle ore 21:06