Qualcosa di sinistra

Non ho mai capito se “Il Fatto Quotidiano” sia un giornale di sinistra con pulsioni repressive oppure un giornale di destra con aspirazioni progressiste ovvero un giornale semplicemente ondeggiante. Comunque, di recente, andando alla ricerca di qualcosa di sinistra, il giornale ha interpellato (ma Giuliano Pisapia, nonostante le insistenze, non ha risposto) quattro leoncini della sinistra adamantina, cioè schierati alla sinistra dell’infelice Matteo Renzi. Le domande poste a Roberto Speranza (Mdp-Articolo 1), Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana), Giuseppe Civati (Possibile), Tomaso Montanari (Sinistra Civica) sono sostanzialmente uguali, mentre le risposte variano bensì per l’intensità dei rimedi proposti ma niente affatto per la loro intrinseca natura. Ad eccezione dell’Euro. Sorprendentemente, tutti sono a favore della moneta europea, senza se e senza ma. Alla domanda cruciale (per loro, per noi, per l’Italia) “una proposta di politica fiscale?”, rispondono così.

Speranza: “Chi ha di più deve pagare di più. Chi ha di meno deve pagare di meno. È sbagliato che un miliardario non paghi la tassa sulla prima casa. La revisione dell’Irpef deve andare in senso completamente opposto alla flat tax perché tutti pagherebbero esattamente la stessa percentuale indipendentemente dal reddito”.

Fratoianni: “Il sistema fiscale va riformato in senso progressivo. Innanzitutto aumentando il numero delle aliquote. Chi guadagna 100mila euro non deve pagare la stessa aliquota di chi guadagna milioni. Poi serve una tassa patrimoniale per prendere i soldi a chi si è arricchito e darli a chi si è impoverito nella crisi”.

Civati: “Sono per la reintroduzione della tassa sulla prima casa per i più abbienti e per una tassa di successione di livello europeo, infine carbon tax a invarianza di gettito complessivo”.

Montanari: “Propongo una progressività fiscale vera. Lo scaglione più alto deve essere portato al 70 per cento. Poi serve una vera imposta patrimoniale e una seria tassa di successione sui grandi patrimoni”.

Questo minicampionario dimostra il marchiano errore in cui cadono in tanti, uomini politici e gente comune, nel sostenere che destra e sinistra sono categorie sorpassate, relitti delle ideologie ottocentesche e novecentesche. La sinistra, invece, ha sempre avuto un preciso significato. Lo riassumo con uno slogan: “Tassa gli altri e spendi per te”. Purtroppo anche una certa destra si è lasciata incantare, nel corso del tempo, dalle sirene fiscali della sinistra. Ma la vera antisinistra, che è la “Destra” liberale, non ha mai ceduto, pur svillaneggiata purtroppo anche da quella certa destra che, per complesso d’inferiorità verso la vera sinistra, ama definirsi sociale.

In sostanza, seppure le parole destra e sinistra siano consumate ed equivoche, sono nitide invece le contrapposizioni tra sistemi che lasciano al popolo non solo il diritto di voto ma anche il diritto d’impiegare come desidera la più gran parte della ricchezza e sistemi che, per contro, riservano al governo, come agli altri poteri pubblici, la potestà di prelevare il massimo delle proprietà e dei redditi privati compatibile con la confisca. Spesso i liberali veri sono accusati di sposare in toto il senso di una frase famosa, che recita: “Il governo migliore è quello che governa il meno possibile”. Ma l’accusa è ingiusta, perché un liberale pretende che il governo difenda al massimo i cittadini dai nemici esterni e dai delinquenti interni. Sono “i sinistri” a voler caricare il governo di ogni incombenza e quindi a dover espandere la finanza pubblica per sopperirvi, finendo per condurre lo Stato a far male tutto: quello che dovrebbe e quello che non dovrebbe.

Aggiornato il 17 luglio 2017 alle ore 21:25