“Tedeschellum”, non dire gatto se non ce l’hai nel sacco

Il mitico Giovanni Trapattoni avrebbe detto: non dire gatto se non ce l’hai nel sacco. Vale anche per la nuova legge elettorale, il “tedeschellum”, magica panacea di tutti i mali che affliggono il nostro complicato Paese.

Si dà per scontato che ai primi di luglio “Habemus papam” e che sarà un proporzionale con la soglia di sbarramento al 5 per cento. C’è l’accordo tra le principali forze politiche e anche quelle che per numeri non rientrano nel novero dei grandi partiti si sono dette favorevoli al modello elettorale proposto da Forza Italia e colto al volo da Pd e Cinque Stelle. Con qualche distinguo. Gli unici a opporsi strenuamente sono i cespugli centristi che, con questo modello elettorale, sono condannati allo sfacelo. È comprensibile, quindi, che Angelino Alfano e i suoi diano di matto. È il riflesso condizionato che promana da un’ancestrale istinto di sopravvivenza. Il medesimo che rende gli uomini simili in natura a qualsiasi altra creatura vivente minacciata d’estinzione. Tuttavia, questa improvvisa coralità di consensi legittima più di un sospetto sugli esiti finali dell’iter di approvazione della legge. Ragione per la quale il condizionale è d’obbligo in questo caso, proprio perché oggi avversari fino a ieri irriducibili si dichiarano d’accordo con sorprendente repentinità. Bisogna attendere il passaggio delle amministrative del prossimo 11 giugno per saperne di più. Quel giorno, finalmente, si passerà dalla realtà virtuale della giostra dei sondaggi ai numeri veri delle schede depositate nelle urne. Solo allora si capirà se l’Italia si è convertita in via definitiva alla logica multipolare o se invece, in barba alle previsioni dei sondaggisti e alle mirabolanti analisi del mainstream mediatico sulla qualità dell’aria fritta, si scoprirà che la maggioranza degli italiani crede ancora in un sano bipolarismo. Si dirà: ci sono i Cinque Stelle. È vero.

Ma siamo certi che un movimento nato dalla rabbia popolare contro la cattiva politica e fondato sulla protesta senza proposta, che non ha radici ideali e politiche solide, sia ancora la prima scelta per almeno un terzo degli elettori? O, piuttosto, dopo la fase acuta dell’impennata nei consensi, la bolla grillina non si stia sgonfiando? Il prossimo 11 giugno non sarà tutta l’Italia ad andare al voto. Tuttavia, essendo chiamati alle urne oltre nove milioni di elettori, si tratta di un campione più che significativo della volontà popolare. Cosa accadrebbe, tanto per ragionare per assurdo anche se assurdo non è, se i grillini restassero fuori da tutti i ballottaggi nelle principali città? Se, ad esempio, a Genova, città nella quale i pronostici davano i Cinque Stelle vincenti col botto, si verificasse un successo al primo turno del candidato del centrodestra unito con una percentuale superiore al 40 per cento, un risultato del candidato del Pd sufficiente a potarlo al ballottaggio, mentre il competitor grillino rimanesse inchiodato a percentuali da prefisso telefonico? Il giorno dopo il “tedeschellum” andrebbe bene uguale a Silvio Berlusconi? Di una cosa si può essere certi: la campagna elettorale incardinata su un impianto elettorale di tipo proporzionale offrirebbe l’opportunità alle estreme di sparare contro i partiti moderati di destra e di sinistra.

Da un lato il rassemblement socialista griderebbe all’inciucio di Renzi con Berlusconi per un progetto di larghe intese dopo un voto che non assegnerebbe a nessuna forza i numeri per governare da sola. Sul fronte opposto la destra radicale, consegnata all’egemonia della Lega, rovescerebbe su Forza Italia la medesima accusa. Sopra a tutti il Movimento Cinque Stelle suonerebbe la grancassa dell’alternativa (fasulla) al sistema (marcio) di potere pro-establishment. Ora, se le urne dell’11 giugno dovessero consegnare al Paese il corpo malconcio di un Cinque Stelle fortemente ridimensionato, perché mai gli altri partiti, e in particolare Forza Italia, dovrebbero fargli l’immenso regalo di una legge elettorale che lo possa rianimare? Ancora una volta bisogna affidarsi all’inarrivabile fiuto di Berlusconi. Se lo scenario delle amministrative dovesse ribaltare l’odierna percezione dei rapporti di forza tra le diverse componenti del quadro politico c’è da scommettere che il certo “tedeschellum” non sarà più tanto certo. Attendere non guasta. D’altro canto, la prudenza non ha mai ucciso nessuno. La fretta sì.

Aggiornato il 01 giugno 2017 alle ore 21:48