Trump, Obama e l’interesse italiano

Donald Trump in Vaticano e al Quirinale, Barack Obama in Toscana e in Val d’Orcia. Un Presidente degli Usa che viene a illustrare al Papa e al Premier e al Governo italiani il senso della nuova strategia che intende sviluppare nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. E il suo predecessore che, pur essendo un’icona per i democratici di tutto l’Occidente, si limita a fare il turista evitando accuratamente di difendere la strategia antitetica a quella di Trump che la sua amministrazione ha realizzato nell’area geopolitica in cui è collocato il nostro Paese.

È difficile prevedere se la strategia dell’attuale Presidente degli Stati Uniti, che punta sull’alleanza con i Paesi sunniti in chiave anti-Iran, sul ristabilimento dell’antica amicizia tra Usa e Israele e sull’impegno per la pace tra israeliani e palestinesi, potrà avere successo. Sappiamo, in compenso, che la strategia che Obama ha portato avanti per otto anni incrinando l’amicizia tra Usa e Israele e puntando sull’Iran piuttosto che sui Paesi sunniti, in primo luogo l’Arabia Saudita, si è rivelata un totale e completo fallimento. I media italiani scimmiottano quelli americani decisi a riservare a Trump la stessa sorte di Richard Nixon e non perdono occasione per manifestare una struggente nostalgia per il predecessore considerato il faro del progressismo politicamente corretto del pianeta. Ma si guardano bene dal rilevare che se l’Italia oggi si trova nel bel mezzo delle tempeste mediterranee e si è trasformata nel punto di approdo di tutti i disperati dell’Africa e del Medio Oriente lo deve all’allegro turista della Val d’Orcia. Questo non può e non deve significare che si debba essere partigiani di Trump e sostenitori acritici della sua nuova strategia. Significa, al contrario, che ogni valutazione della politica dell’attuale amministrazione Usa dovrà essere compiuta non sulla base delle simpatie ideologiche, ma su quella dell’interesse del nostro Paese.

Questa operazione sarà più facile con Trump. Che non è un’icona per nessuno e che non perde occasione di ripetere la sua ferma intenzione di perseguire con ogni mezzo gli interessi degli Stati Uniti. Con lui non si corre il rischio, come è troppo spesso avvenuto con Obama, di accettare passivamente scelte destinate a danneggiare l’Italia solo per vanità personale o per non dissociarsi dall’egemonia del politicamente corretto. L’Italia pensi a sé.

Aggiornato il 25 maggio 2017 alle ore 12:58