Il centrodestra e l’Italia che marcia

Le marce quasi sempre sono cose serie. Servono a mettere a nudo le intenzioni di chi le propone e le realizza. Una politica attenta a ciò che si muove nel corpo profondo della società non può ignorarle o prenderle alla leggera. Accade che a Milano e ad Assisi scendono in strada la sinistra e i Cinque Stelle per dare una sterzata brusca alla storia del Paese. Lo fanno brandendo i temi che segneranno la propaganda dell’ormai prossima campagna elettorale. La sinistra sceglie di gettare la maschera sull’accoglienza. Capi e militanti del variegato mondo del post-comunismo manifestano per raccontare la loro visione di futuro: un’Italia riempita fino all’orlo di immigrati nella prospettiva di un grande processo di trasformazione identitaria della nostra comunità nazionale da realizzare mediante lo strumento dell’invasione allogena. Dopo sabato nessun elettore potrà dire di non sapere: votare per D’Alema, Bersani o Pisapia, e anche per il Pd che sull’argomento fa il gioco delle tre carte, significa dire sì alla cancellazione di una cultura che fino ad oggi ci è appartenuta ma che, a stare dietro agli ideologi del multiculturalismo, deve finire qui. Chi dice il contrario, chi si permette di obiettare alla deriva relativista, chi non è disponibile a buttare giù le frontiere della propria esistenza, viene marchiato a fuoco con la lettera scarlatta del razzismo, stigma d’infamia e d’indegnità morale. Sei per difendere il suolo irrorato dal sangue dei padri? Allora sei uno xenofobo fascista, sei feccia che non è in grado di comprendere da quale direzione soffi il vento della storia. Per i marciatori di Milano il progetto è chiaro ed è un progetto anti-italiano.

Nello stesso giorno, da un’altra parte, sul cammino di San Francesco, c’è un altro popolo che sfila: è quello dei grillini.  Vorrebbe essere la marcia contro la povertà, ma diventa il giorno del “reddito di cittadinanza”, dello stipendio garantito a tutti senza che più nessuno sprechi energie per guadagnarselo. In nome della dignità dell’individuo, che è cosa buona e giusta, s’inneggia all’assistenzialismo elevato a sistema. Ma che roba è questa? Siamo alla follia: beneficenza al posto del lavoro. Così si torna ai “clientes” dell’antica Roma. Masse inoperose nutrite col veleno del sussidio. Umanità senza passato né futuro, ma solo presente uguale a se stesso: dalla culla alla tomba. Ma che razza di mondo sarebbe? Lo sappiano gli elettori cosa si rischia a votare Grillo. Intendiamoci, non è che la povertà non esista o che non sia un’emergenza sociale vera di cui ci si dovrà occupare seriamente. Ma farlo alla maniera dei Cinque Stelle è pericoloso. Costoro non offrono soluzioni sostenibili, ma solo slogan.

D’accordo, ci sono milioni d’italiani che non ce la fanno a tirare avanti e altrettanti milioni che non hanno più nulla. Dove li prendiamo i soldi per aiutarli? I grillini la fanno facile. La ricetta è sempre la stessa: più tasse da imporre al ceto medio. E poi per aiutare chi?  Nel loro progetto sono compresi anche milioni d’immigrati che non avendo lavoro ma stati di famiglia piuttosto affollati finirebbero in testa alla classifica dei sussidiati. Ci sta che la si pensi così ma si abbia il coraggio di dire la verità agli italiani. Beppe Grillo, svesta per un momento i panni del giullare e faccia la persona seria. Se ne ha il fegato deve andare dagli elettori che fanno parte del ceto medio e dire loro: guardate che quando saremo al governo vi toglieremo i soldi di tasca per mantenere a spese dello Stato la pletora di stranieri nullafacenti che bivaccano per le nostre città, talvolta creando anche problemi di ordine pubblico. Questi scriteriati a Cinque Stelle non si rendono conto di quale bomba stiano innescando. Ma davvero vogliamo arrivare a scannarci l’uno con l’altro? Le marce vanno prese sul serio non solo per ciò che dicono ma per ciò che prefigurano. E ciò che prospettano, seppur con diversi accenti, tanto la sinistra quanto i Cinque Stelle, non è il paradiso ma l’inferno. Le forze responsabili del centrodestra, tutto, dovrebbero passarsi la mano sulla coscienza e fare insieme qualcosa di concreto per impedire che il Paese scivoli su questa china. Invece, sembra che si preferisca continuare a danzare sul Titanic quando l’iceberg è già a vista. Così non va bene.

Aggiornato il 23 maggio 2017 alle ore 13:59