Un anno fa moriva Marco Pannella

La morte cancella tutto. Il ricordo è un’illusione. L’eredità non esiste e comunque chi ne beneficia di solito pensa ai fatti propri. La vita è una cosa tristissima e anche la parabola luminosa di un uomo come Marco Pannella oggi appartiene al passato. È passato solo un anno da quel 19 maggio del 2016 e dalle celebrazioni laiche in piazza Navona e che è rimasto di sessant’anni di storia radicale? La retorica del “noi l’avevamo detto”.

In un Paese che mira a sostituire la politica del nulla con la società civile del nulla meno uno. Certo, molti volenterosi tentano di tenere insieme la baracca, anche se la casa radicale è drasticamente separata in due. Da una parte Emma Bonino che si è aggregata al carro della sinistra democrat mondiale, dall’altra i duri e puri del partito transnazionale che almeno fanno qualcosa di utile per gli ultimi, come i carcerati. Ma oltre questa misera siepe politica c’è solo il buio. Tu puoi scioperare di fame e di sete quanto ti pare ma in Italia, e oramai anche in Europa e nel mondo, nessuno ti sta a sentire. È vero, gli imperi sono fragili e i poteri si disgregano più facilmente di quanto non accadesse in passato con gli equilibri post-Yalta. Ma il prodotto non cambia: comanda la legge del più forte, soprattutto economicamente, e lo stato di diritto o non esiste o è pura ipocrisia.

Tutte le speranze degli anni Sessanta-Ottanta se ne sono andate a farsi benedire. Neanche ci si fa più compagnia. Le case, un tempo aperte, si sono tutte chiuse. Tutti sono morti, anche dentro. Il mondo del lavoro è un incubo senza fine, dove impera lo sfruttamento e il tirare a campare. La giustizia italiana fa orrore pure a chi la amministra più o meno indegnamente, la sanità perde colpi e negli ospedali italiani muoiono 7mila persone l’anno per i batteri resistenti agli antibiotici che non si possono contrastare in quanto mancano i soldi per la ricerca.

La scuola di massa si è dimostrata un tragico errore. Nel tempo è diventata una fucina di disoccupati acculturati che usano un linguaggio che abbonda di termini odiosi come “panel”, “criticità”, “eccellenza”, ma che nei fatti è solo analfabetismo di ritorno. Sostanzialmente abbiamo abbandonato una cultura rurale per sostituirla con una tecnologia autistica. Il simbolo è l’imbecille che si fa mettere sotto sulle strisce mentre manda WhatsApp da uno che guida un Suv modello carro armato parlando al telefonino.

Marx è morto, Pannella pure, anche se solo da un anno, e nessuno di noi si sente molto bene.

Aggiornato il 19 maggio 2017 alle ore 10:04