Il garantismo   non salverà Renzi

Non c’è bisogno di convertirsi al renzismo per ipotizzare che l’inchiesta sulla Consip sia destinata a finire con un nulla di fatto dal punto di vista giudiziario. Basta essere convinti che le garanzie previste dalla Costituzione e dai Codici valgono sempre, sia per gli amici che per gli avversari, per prevedere che passata la bufera perfetta tra fughe di notizie da Procure e settori del mondo investigativo e fase precongressuale del Partito Democratico il polverone mediatico sulla vicenda si poserà senza grandi danni di natura processuale. Sia per quanto riguarda l’imprenditore Alfredo Romeo, non nuovo a storie del genere, sia per quanto riguarda tutti gli altri personaggi finiti nel tritatutto del circo mediatico-giudiziario.

La consapevolezza che il finale a bolla di sapone è probabile e che essere garantisti significa difendere le garanzie anche dei garantisti a corrente alternata e dei giustizialisti più o meno pentiti, non esclude la convinzione che da un punto di vista politico la faccenda non sarà affatto indolore. Ovviamente per Matteo Renzi, che è il parafulmine di tutta la storia , e del sistema che l’ex premier ha messo in piedi nel suo triennio di “uomo solo al comando”. La spregiudicatezza con cui uno dei due sfidanti alla segreteria, cioè il magistrato in aspettativa Michele Emiliano, usa la vicenda Consip per mettere in difficoltà Renzi e il suo sistema di potere, non è affatto inefficace. La vicenda potrà anche finire con un nulla di fatto sul piano giudiziario, ma sul piano politico, proprio a causa della utilizzazione che ne viene fatta nella battaglia congressuale del Pd, lascia un segno indelebile sull’immagine dell’ex Presidente del Consiglio e del suo sistema di potere.

Con Consip Renzi perde la carica innovativa che continuava ad avere anche dopo la sconfitta referendaria del 4 dicembre e diventa uno dei simboli di quel passato fatto di intreccio stretto tra politica e affari che tutti i populisti e giustizialisti antisistema dicono a parole di voler eliminare. Non è casuale che Michele Emiliano stia tentando di caratterizzarsi come il candidato alla segreteria del Pd in sintonia con le posizioni di Beppe Grillo. Di fatto il suo giustizialismo populista è in tutto simile a quello grillino e favorisce l’azione del Movimento Cinque Stelle teso a dimostrare come sia arrivato il momento di rottamare chi si era presentato al Paese come il grande rottamatore. Un risultato politico di questo genere ha un effetto devastante infinitamente più grande di un qualsiasi rinvio a giudizio destinato a finire in una assoluzione magari in secondo grado. E rischia di diventare l’azzoppamento definitivo di Matteo Renzi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:57