Renzi se ne infischia del cerino in mano

Il gioco del cerino andato avanti da settimane all’interno del Partito Democratico è arrivato alla sua fase finale. Apparentemente destinato a bruciarsi le dita sembra essere il segretario dimissionario Matteo Renzi. Che non ha accolto l’appello furbesco del governatore pugliese Raffaele Emiliano ed è risultato ben deciso a procedere lungo la strada del congresso anticipato ad aprile e a non accogliere la richiesta di tempi più lunghi per far precedere il momento congressuale da una assemblea nazionale.

Naturalmente nessuno può escludere che prima della direzione di domani Renzi possa convincersi della necessità di andare incontro alla richiesta della minoranza per non venire tacciato di essere il responsabile della futura e sempre più probabile scissione. Ma tutto lascia credere che non ci sarà alcun ripensamento da parte della maggioranza renziana. Per Renzi il dado è tratto. L’eventuale accusa di aver voluto la scissione non sembra turbarlo affatto. Anzi, è facile pensare che consideri la bruciatura da cerino un fastidio di pochissimo conto di fronte alla possibilità ormai concreta di “asfaltare” una minoranza di riottosi irriducibili da lui considerata una zavorra inutile e deleteria per il futuro di un Partito Democratico a guida plebiscitaria.

La scelta dell’ex Premier di tenersi il cerino ha una doppia conseguenza. Per un verso pone la minoranza di fronte al problema di dare un seguito reale alle minacce di scissione. Perché un conto è prospettare la spaccatura, un altro è realizzarla concretamente. Per l’altro chiarisce il calendario della fase finale della legislatura rendendo più difficile l’eventualità di una scioglimento a scadenza naturale e lasciando intravvedere il voto politico anticipato alla fine di settembre o entro il mese di ottobre.

È fin troppo evidente, infatti, che una volta celebrato il congresso e ottenuta una nuova investitura plebiscitaria a segretario, Matteo Renzi non avrà alcuna intenzione di lasciare il tempo alla minoranza uscita dal partito di organizzarsi e punterà alle elezioni da tenere subito dopo l’estate.

Il congresso ravvicinato del Pd, quindi, segna anche la fine anticipata del Governo Gentiloni oltre che della legislatura. Nessuno è in grado di sapere con quale sistema elettorale si andrà a votare, ma è certo che l’espulsione della minoranza antirenziana dal Pd rende inevitabile la caduta del Governo durante l’estate e il voto subito dopo.

Con quale utilità? Quella di Renzi sicuramente, quella del Paese no di certo!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:57