Il Governo Gentiloni, la parola di Mattarella

Come sia nato il Governo Gentiloni, lo sappiamo tutti. Che fine farà, non lo sa nessuno. Lo stesso Gentiloni alimenta la suspense. Ovviamente cerca di durare. E fa bene. Gratificato del poco lusinghiero appellativo di “fotocopia” del Governo Renzi, egli è pur sempre il Governo della Repubblica, non il Governo di Renzi, come questi lo considera nella sua megalomania. E siccome lo considera suo, Renzi intende disporne a piacere e farne quel che gli aggrada. Intanto lo tiene in piedi per preparare le elezioni secondo convenienza. Gentiloni avverte la situazione che ne fa il pupo nelle mani del puparo e, obtorto collo, la subisce.

Bastano queste considerazioni, appena accennate, a far capire che Matteo Renzi, salutato dai creduloni e dagli innamorati come la soluzione dei problemi italiani, ne è l’ultima causa, non solo per aver accollato alla nazione un altro centinaio di miliardi di debito pubblico spesi per stimolare un’economia rimasta invece moscia e asfittica, ma anche per aver precipitato la politica in un violento scontro costituzionale sul referendum che ha perso scornandosi e perdendo la faccia, sia per la bruciante sconfitta nel voto, sia per lo spergiuro sul ritiro definitivo dall’attività pubblica. Invece di tornarsene alle sue precarie occupazioni private, sta dando ancora le carte nel retrobottega della politica e pretende di determinare la vita e la morte del povero Paolo Gentiloni. Il quale, però, per quanto consapevole di dipendere dal suo stesso partito che a sua volta dipende dal suo indegno predecessore, sbaglierebbe ad assecondare Renzi in tutto e soprattutto nella decisione circa il se e il quando dimettersi. Gentiloni, speriamo per lui, non dovrebbe voler fare la fine del modesto travet Enrico Letta, che reagì con un mesto sorriso al Renzi che gli sfilava sbrigativamente la scrivania dalle terga.

Gentiloni dovrebbe capire, e forse l’ha capito, che la sua debolezza è la sua forza. L’Italia non è vero che anela spasmodicamente alle urne. L’Italia vuole essere rassicurata perché è spaventata. L’Italia deve essere protetta dalle sue tentazioni autolesionistiche. L’Italia, a causa delle contingenze interne e delle agitazioni internazionali, deve essere governata finalmente. E qui la parola di Sergio Mattarella può e deve confortare il Governo Gentiloni e puntellarlo con tutta l’autorità della presidenza della Repubblica. Mattarella ha detto in modo aperto, inequivocabile, solenne che occorre una legge funzionalmente omogenea per l’elezione delle Camere. Le norme elettorali risultanti dalle decisioni della Corte costituzionale sono scombinate e alquanto paradossali, sebbene la Consulta si sia premurata di precisare che sono di per sé già applicabili. Ma la parola del capo dello Stato è la parola del capo dello Stato. Inoltre essa sottende non solo l’invito pressante alle forze politiche, ma anche il richiamo all’orgoglio del Parlamento affinché si riappropri della sovranità legislativa in materia elettorale. Oltre che stravagante, soprattutto è biasimevole che le Camere rappresentative vengano scelte attraverso sistemi elettorali confezionati dall’organo costituzionale che ha censurato quelli dalle stesse improvvidamente deliberati. Perciò Gentiloni vada avanti fino alla scadenza naturale della legislatura oppure si faccia sfiduciare dopo aver parlato alla nazione. E Mattarella rifiuti la promulgazione di una legge elettorale contraria alla parola data. Gentiloni non è il Quisling di Renzi e non passi alla storia come un Facta qualunque. Mattarella esca dal bozzolo e freni con ogni mezzo legittimo (ne ha!) la deriva elettorale contraria agli interessi del popolo italiano, che ha tutto da guadagnare a votare con la dovuta calma tra dodici mesi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:56