Lo stato confusionale dei Cinque Stelle

Dopo la pronuncia della Corte costituzionale sull’Italicum per i partiti e i movimenti in campo è finito il tempo dei tatticismi. Tutti dovranno scoprire le carte e spiegare agli italiani cos’hanno in testa per questo scorcio di legislatura. Quando diciamo: “tutti”, intendiamo tutti, compresi i giocolieri del Movimento Cinque Stelle. Finora Beppe Grillo e i suoi hanno sciamato da tutte le parti del campo politico “rubando” idee ai competitori. L’hanno potuto fare perché le altre forze politiche si sono avvitate in una surreale paralisi programmatica senza vie d’uscita. Adesso che è giunto il salvifico shock della pronuncia dell’Alta Corte bisogna che ci si sieda intorno a un tavolo e si trovi la quadra per dare al Paese uno strumento elettorale equo e funzionale.

Di Renzi, Berlusconi e Salvini sappiamo perfettamente cos’hanno in testa. Grillo, invece, cosa vuol fare? Ci delucidi sulle sue reali intenzioni. Vuole andare subito al voto con la legge passata al setaccio dai giudici della Consulta? Gli sta bene un proporzionale a diversa gradazione tra la Camera e il Senato? È legittimo, ma per il suo Movimento diventerebbe estremamente arduo ottenere un mandato plebiscitario dagli italiani, a meno che lui non abbia in tasca l’asso nella manica di un patto con l’altra metà del cielo populista: la Lega di Matteo Salvini e la destra sovranista di Giorgia Meloni. Ma quanto gli costerebbe in termini di presa sulla sua classe dirigente una soluzione del genere? Troppo, considerando che un’inversione strategica di tale portata farebbe esplodere quella contraddizione sistemica sulla quale è stato edificato il Movimento Cinque Stelle.

La “novità” grillina, infatti, si riassume nell’innesto di una classe dirigente di estrazione di sinistra su un bacino di consenso maggioritariamente di destra. Finora il gioco ha retto perché ai Cinque Stelle è toccato di fare opposizione, che è cosa di gran lunga più facile che prendersi la responsabilità delle scelte di governo. Ma se un destino cinico e baro non concedesse ai grillini i numeri per mettere in piedi un governo ma li obbligasse ad allearsi con altre forze parlamentari, come la metterebbero le seconde e le terze file del Movimento nell’andare a braccetto con Salvini e la Meloni? Rinuncerebbero o si turerebbero il naso giacché, come si dice nei bar di Caracas, “Cumannari è megghiu di futtiri”. Vorremmo stare in un cantuccio della sala del primo Consiglio dei ministri a goderci la scena. Leghisti ed ex-An di Fratelli d’Italia sanno benissimo chi sono e cosa vogliono, hanno una storia e una cultura politica che gli consente di sapere in anticipo che fare. Ma loro, i grillini, chi sono veramente? A furia di saltabeccare da un’idea altrui all’altra è improbabile che possano rispondere in modo esaustivo a questa domanda.

Intanto, c’è sul tavolo la proposta renziana di rifare il “Mattarellum”. Probabile che si tratti di un bluff del Partito Democratico per stanare gli interlocutori. Se è così, loro, i grillini, ce l’hanno il coraggio di andare a vedere le carte dell’ex-premier o preferiscono rifugiarsi in un guardingo “passo” sperando che siano gli altri a togliere le castagne dal fuoco? In questo tourbillon d’interrogativi, Grillo e i suoi non sanno che pesci prendere. Il “disastro Raggi” al Campidoglio è peggio di un virus: li sta paralizzando. Vorrebbero, per un verso, che si votasse domani per arginare la falla della sfiducia montante nell’opinione pubblica per la cattiva prova della sindaca pentastellata, che peggiora ogni giorno che passa. D’altro canto, sono tentati dal ritardare il voto per comprare tempo nella speranza di raddrizzare la barca dell’amministrazione capitolina prima che li trascini a fondo.

La situazione è complicata e non bastano più i “vaffa” per nascondere la verità: i grillini sono in bambola. Altro che conquista di Palazzo Chigi! Se gli altri competitori riusciranno a tenerli ancora un po’ sulla graticola finisce che gli “onesti” si friggono da soli.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:55