Per Matteo Renzi l’alba è lontana

Per sostenere che dopo le sconfitte un politico capace aveva sempre la possibilità di riprendersi, Giulio Andreotti ripeteva che “dopo i tramonti ci sono sempre le albe”. Ma il Divo Giulio si riferiva a quanto avveniva ai leader democristiani della Prima Repubblica, che cadevano e si rialzavano senza mai uscire di scena in un contesto gattopardesco in cui tutto poteva apparentemente cambiare rimanendo assolutamente stabile.

La Prima Repubblica, però, sembra la preistoria. Ed i suoi ritmi lenti sono fatalmente superati. Oggi i tramonti sono fulminei e le nottate minacciano di essere lunghe almeno come quelle del circolo polare artico. È la legge del sistema leaderistico. Ed il caso di Matteo Renzi lo dimostra in maniera fin troppo illuminante.

Dal 4 dicembre, giorno della sua disfatta nel referendum, non è passato neppure un mese ed anche se il leader defenestrato è riuscito a far varare un Governo fotocopia del proprio, il sistema di potere che aveva messo in piedi con tanta rapidità e baldanza ha incominciato a perdere pezzi con una rapidità impressionante.

All’interno del Partito Democratico, quelli che erano stati velocissimi nel salire a suo tempo sul carro del vincitore ne sono scesi con una rapidità addirittura maggiore. Prima del referendum, Renzi aveva pensato di anticipare la data del congresso per venire riconfermato plebiscitariamente alla segreteria del partito. Ma è bastata la prima settimana seguita alla sconfitta per convincerlo a tenere il congresso alla data prevista del prossimo autunno per non correre il rischio di perdere, dopo il Governo, anche la segreteria. Sempre prima del referendum, l’ex Premier aveva ipotizzato di andare rapidamente alle elezioni anticipate per regolare una volta per tutte i conti con i dissidenti interni e diventare, anche grazie alle modifiche costituzionali, il solo ed unico padrone del Paese. Ma oggi, anche se è una fotocopia di quello precedente, il Governo Gentiloni sembra essere destinato a durare oltre le previsioni ed il problema di Renzi è di inventare un qualche marchingegno per farlo cadere prima della scadenza naturale della legislatura.

E, infine, prima del referendum il blocco di potere renziano sembrava a prova di bomba. Tutti gli snodi del potere erano stati occupati dagli amici del Premier e questo impianto sembrava destinato a resistere a qualsiasi terremoto. Invece la scossa referendaria ha aperto delle crepe in cui si è immediatamente inserita una magistratura che si era trattenuta quando il leader era in sella e si è immediatamente attivata al momento della sua caduta. Per Renzi, quindi, l’alba appare non solo lontana ma anche sempre meno probabile. Se la vuole deve affrettarsi a silurare Gentiloni. Altrimenti rischia di andare a fare compagnia ad Enrico Letta a Parigi!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:07