Il fallimento delle espulsioni

Il presunto terrorista della strage del mercatino natalizio di Berlino veniva dall’Italia, dove era stato arrestato per una serie di reati commessi in un centro d’accoglienza, aveva scontato quattro anni di carcere ed era stato espulso verso il suo Paese d’origine, la Tunisia, dove non era mai rientrato.

Il punto centrale di tutta questa storia è proprio l’espulsione non eseguita. Il presunto terrorista, che dall’Italia si era trasferito in Germania, era stato espulso verso la Tunisia anche dalle autorità tedesche. Ma anche in questo caso l’espulsione era rimasta lettera morta. Perché le autorità tunisine avevano negato che fosse cittadino del loro Paese e poi perché Anis Amri, il presunto killer di Berlino, si era volatilizzato cambiando più volte identità.

La mancata espulsione del presunto autore della strage berlinese non è un caso isolato o particolare. È la regola. Le normative che prevedono le espulsioni per individui pericolosi esistono in tutti i Paesi europei, ma vengono sistematicamente aggirate ed eluse. In Italia entrano centinaia di migliaia di migranti ogni anno e di questi una percentuale consistente, a causa dell’impossibilità di essere immessa nel mercato del lavoro legale, finisce nei circuiti criminali e nelle carceri. Ma le espulsioni di chi ha subito condanne ed è ritenuto un pericolo si contano sulle dita di una mano. La legge che prevede il rimpatrio forzato sarà pure perfetta, ma non funziona. Con il risultato che la quota dei pregiudicati che finiscono nella criminalità e spesso si convertono al terrorismo aumenta di anno in anno.

Denunciare questo fenomeno non è un atto politicamente scorretto o una forma di deriva islamofobica o razzista. È semplicemente una presa d’atto di un problema che esiste e che appare di difficilissima soluzione. Per la semplice ragione che i Paesi da cui provengono i responsabili di reati ed i terroristi riconosciuti o potenziali non se li vogliono riprendere ed i diretti interessati sono ben felici di venire respinti dai posti natali da cui sono fuggiti per fame e per disperazione.

Sulla carta la questione si può risolvere solo dando peso e valore agli accordi bilaterali tra gli Stati. Ma nei fatti gli accordi rimangono lettera morta e l’Europa continua a riempiersi progressivamente di gente disperata o fanatizzata pronta a passare il confine tra l’esistenza grama di marginalizzato a quella di criminale comune o terrorista. Nascondere questa realtà in nome dei valori dell’accoglienza è una forma di ipocrisia che salva le coscienze ma aggrava il problema. Parlarne e metterlo in evidenza è già un modo di contribuire alla prevenzione!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:07