Colapesce, il Meridione e le colonne dell’Italia

“Anche il fuoco vi porterò. Tanto, una volta o l’altra, bisogna ben morire. Se vedrete salire alla superficie delle acque una macchia di sangue, vuol dire che non tornerò più su”.

La leggenda vuole che queste siano state le parole di Colapesce prima di tuffarsi nelle acque tra Messina e Catania. Sono parole che però potremmo mettere in bocca a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, a tantissimi siciliani o a tante donne e uomini del Sud Italia. Un popolo che non si è mai tirato indietro quando le campane della Storia chiamavano al dovere. Un popolo che però è stato ripetutamente tradito, fino ad oggi.

Il re per mettere alla prova Colapesce gettava in acqua una coppa d’oro e ordinava al giovane pescatore di recuperarla. Due, tre volte. La coppa andò giù in fondo, dove il mare ribolliva per il fuoco. Colapesce si immerse, ma mentre scendeva vide che una delle tre colonne che reggevano la Sicilia era incrinata e decise di sostenerla. Colapesce è ancora lì, sottacqua, a impedire che la Sicilia crolli.

Colapesce esiste, seppur con qualche variazione, nella tradizione di quasi tutto il Meridione. Colapesce è il Meridione. È quel popolo che per primo ha versato il sangue per il Regno d’Italia, lo stesso popolo che verrà rinchiuso nei campi di concentramento sabaudi e su cui si aprirà il fuoco alla richiesta di pane e terra da lavorare, la propria terra. Da allora il popolo del Mezzogiorno sostiene una delle colonne dell’Italia e i re, per chi non lo sapesse l’ultimo è stato Giorgio I da Napoli, aspettano ancora che “Colapesce riemerga” per continuare a gettare la coppa in acqua.

Ci sono state tante promesse, qualche azione efficace, molti fallimenti, ancor più sprechi, tantissime occasioni mancate.

Era il 1950, presidente del Consiglio Alcide de Gasperi, e per colmare il divario tra Nord e Sud nasceva la Cassa per il Mezzogiorno. Nell’estate del 2015 Matteo Renzi e il ministro Graziano Delrio hanno annunciato una “Grande Officina per il Sud”. Il nome nuovo, i fondi e il cappio fiscale sono stati sempre gli stessi.

Anno 2016: il Governo Gentiloni ha tolto la polvere dagli scaffali del ministero per il Mezzogiorno, alla guida è stato indicato Claudio De Vincenti.

Francesco Boccia del Pd e presidente della Commissione Bilancio della Camera, a proposito della umiliante sceneggiata sui fondi per Taranto, lo scorso 29 novembre su Twitter ha detto del neo ministro: “Che dire, quella di De Vincenti è la metamorfosi di un ex comunista diventato bugiardo e arrogante”. Sapete qual è la cosa grave? Che in questa storia dei fondi destinati a Taranto che scompaiono dalla legge di bilancio ha ragione il presidente Boccia. Una bella presentazione per il neo ministro, impreziosita dal dettaglio che il bailamme è avvenuto durante la campagna elettorale per lo scorso referendum. Un chiaro tentativo dell’allora sottosegretario alla Presidenza di blandire gli elettori, gettando sul tavolo centinaia di milioni di euro a caso.

Dovrebbe essere colui che ripara la colonna incrinata, ormai retta a fatica dal popolo. Invece si presenta come l’ennesimo re che tirerà la coppa in acqua perché Colapesce la recuperi.

In dieci anni, circa 700mila persone sono andate via dal Mezzogiorno, di queste il 30 per cento è laureato. Un Sud Italia che invecchia e che vede calare anche gli iscritti alle università. Al proposito registriamo anche l’ottimo inizio del nuovo ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, l’ex vice presidente del Senato della Repubblica, Valeria Fedeli.

A complicare le cose lo spezzatino istituzionale: il Cipe di Lotti, il Mezzogiorno di De Vincenti, il Mise di Calenda, il ministero per gli Affari regionali e le Autonomie di Enrico Costa. Tutti hanno competenze sul Mezzogiorno. Calenda per esempio; leggiamo cosa ha detto, il 2 dicembre scorso a “Il Mattino”, sull’accordo di programma da 48 milioni che trasforma lo stabilimento Nestlé di Benevento in polo mondiale della produzione di pizza surgelata del gruppo: “Questo patto mette insieme l’elevata qualità artigianale e la dimensione industriale facendo ‘dell’origine’ un asset strategico per la competizione sui mercati internazionali”. Un bel vantaggio per le multinazionali godere del tricolore per la pizza nel mondo! Ministro, prima ha provato ad agevolare la nascita di un polo tutto italiano per l’esportazione della pizza surgelata? E Gianni Pittella, candidato alla Presidenza del Parlamento Ue del Pd, dopo aver votato a favore dell’importazione dell’olio tunisino, ha detto che non danneggia il nostro comparto produttivo e che: “Non si può essere solidali solo a parole con un Paese che rischia l’infiltrazione dell’Is”.

Caro Colapesce, ti devi continuare a sacrificare e magari sorreggere le colonne altrui.

Si inizi a investire dai territori dal pil nominale più basso, nel tentativo di ottenere le maggiori ricadute positive sulle economie territoriali. Cessino di guardare all’estero sempre e comunque, lo facciano in modo responsabile. Si disintossichino dalle ricette globaliste, dalla spasmodica ricerca del profitto a scapito dell’occupazione. La libertà d’impresa è un caposaldo della società, ma nel perimetro disegnato dalla nostra Costituzione, che è chiara in merito al valore dato al lavoro e alla dignità della persona.

In un’Europa dei paradisi fiscali, di finte tragedie per referendum sull’uscita dall’Ue, il gioco si fa ancora più duro. Il Governo dia seguito e intensifichi le proposte sulle zone franche. Il Mezzogiorno, Colapesce è forte e dalle grandi risorse e da un ruolo da leader nel Mediterraneo dovrebbe guardare ai mercati di altri continenti. Il Sud Italia ha bisogno delle condizioni per rendere competitive le proprie aziende e dinanzi a concrete disponibilità, senza impacci lobbistici o catene “estere”, saprà rispondere al mercato. Creando così ricchezza reale, ricchezza italiana al 100 per cento e stimolando il circuito virtuoso con le università. Non sono più tollerabili governi zavorrati da personalismi e beghe partitiche.

La politica è avvisata: se non farà riemergere Colapesce, se non lo metterà in cima, il Paese intero è condannato a vivere sottacqua. Nella migliore delle ipotesi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:58