“Il Patto blu”:  il punto croce di Fitto

L’arte della tessitura e del ricamo è da sempre un cardine dell’artigianato locale pugliese. Nessuna meraviglia allora se anche un politico, figlio di quella terra, se la sappia cavare nel maneggiare ago e filo. Potrebbe essere questa la miglior dote di Raffaele Fitto, leader dei Conservatori e Riformisti. Raffaele il tessitore: essere chiamato così non gli dispiacerà. Soprattutto dopo i progressi compiuti nella filatura della tela del suo nuovo movimento politico.

Alla buona performance della “Convenzione blu” degli inizi dello scorso novembre, Fitto aggiunge nuova trama all’ordito con la sottoscrizione del “Patto blu”. Nella cornice avvolgente della Casa dell’Architettura presso l’Acquario romano l’europarlamentare pugliese, fresco di nomina alla vicepresidenza del gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, ha riunito lo scorso sabato una folta rappresentanza di liste e di movimenti locali.

L’idea è quella di spianare la strada a un progetto di forze federate da ricollocare nel perimetro del centrodestra in un rapporto organico e paritario con gli altri protagonisti d’area. Il verbo “federare” deriva da “foedeus” che in latino significa “patto”. Quindi, il “Patto blu” come alleanza di comunità, condivisione ragionata e convinta di valori e di esperienze territoriali. Non male se si considera che, negli ultimi anni, il centrodestra nel suo complesso, attanagliato da una perniciosa sindrome di autoreferenzialità, abbia tralasciato di ascoltare la voce del Paese reale perdendo progressivamente contatto e consenso dal blocco sociale che originariamente gli aveva garantito una solida domanda di rappresentanza.

Ma come Diogene di Sinope anche il giovane Fitto si è messo in cammino, munito di lanterna, alla ricerca dell’elettore perduto di centrodestra. E, almeno a stare ai riscontri di sabato, la sua ricerca ha dato frutti. In ordine composto, da buoni compagni d’arme chiamati a rinnovare antichi giuramenti, sono saliti sul palco disposto a contatto di pubblico, uno a uno i rappresentanti venuti da molte regioni d’Italia. Molte, ma non tutte. Ed eccoli a pronunciare un solenne “Ci sto!”: Pietrino Fois a nome dei Riformatori sardi, Renzo Tondo per conto di “Autonomia Responsabile” del Friuli Venezia-Giulia. E poi: Michele Iorio, lo storico presidente della Regione Molise e Roberto Rosso, animatore in Piemonte di reti civiche ancorate alla tradizione liberale. Dopo di loro è stata la volta dei calabresi Beppe Raffa di “Idea Calabria” e Luigi Muraca di “Lamezia Unita”. Infine, i saluti alle delegazioni giunte dal Veneto, dalla Liguria e dalla Toscana.

A leggere le firme vergate in calce al “Patto blu”, si capisce che i Conservatori e Riformisti si preparano a giocare una partita importante all’interno del centrodestra. Lo comprenderanno anche gli altri leader della coalizione? È tempo di dire che gli sforzi profusi da chiunque per riportare entusiasmo e consenso al centrodestra devono essere ben accetti e non demonizzati da anacronistici ostracismi. Raffaele Fitto e i suoi sono in campo e non li si può ignorare. Essi chiedono di guardare alla recente esperienza dei “Repubblicani” francesi e al loro affidarsi allo strumento delle primarie, non soltanto per scegliersi un leader ma per riaccendere passione e voglia di protagonismo nel proprio popolo.

Perché allora non ascoltarli quando propongono di importare nel centrodestra italiano il modello transalpino delle primarie? Non è stata forse entusiasta e convinta quella partecipazione che ha portato 4 milioni di francesi a scegliere François Fillon quale sfidante di primavera alla conquista dell’Eliseo? In fondo, vale poco sapere quale coniglio Matteo Renzi tirerà fuori dal cilindro per fare la nuova legge elettorale. Ciò che conta è che il centrodestra ritrovi la voglia di mettersi in gioco, a cominciare dalla scelta dei suoi rappresentanti. Perché l’unico sale che non fa mai male alle arterie dell’uomo libero è il voto, servito nella saliera della democrazia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:59