Il centrodestra ricerca la via della seta

Le forze del centrodestra proseguono il dialogo per ricompattarsi. È una buona notizia. Il fatto che il circo mediatico di regime vada da tempo raccontando che a destra regna il nulla è una madornale sciocchezza, raccontata ad arte da chi fa il tifo per assistere a un finale di partita giocato dalla sola coppia Renzi-Grillo. Già, perché a voler tenere in piedi lo spauracchio dei Cinque Stelle non è la Storia ma l’interesse di bottega del renzismo.

Il ragionamento è elementare: contro la deriva antisistema dei grillini soltanto la guida di un Renzi illuminato, europeista e liberista può salvare l’Italia dalla rovina. Questo è il refrain udito negli ultimi tre anni. E il centrodestra? Per l’ex Premier andrebbe sciolto d’ufficio e le sue truppe ricollocate verso nuove destinazioni: la maggioranza moderata nel costituendo Partito della Nazione; la minoranza, xenofoba, antieuropeista, leghista, a rimorchio di qualcun altro. Ma non è così che funziona. Per un semplicissimo quanto ovvio motivo: questo Paese, checché se ne pensi, conserva nei valori fondamentali e nella visone del futuro un robusto ancoraggio a destra. Non a sinistra o nell’altrove, come suggestivamente suggerito dall’immaginifica retorica della “narrazione” renziana.

Una prova? La nomina della senatrice democratica Valeria Fedeli al dicastero dell’Istruzione agita il popolo del centrodestra. Non per la storia della laurea che non ha conseguito, ma per certe sue idee sull’introduzione nei percorsi scolastici delle teorie gender in ordine alla destrutturazione dell’identità sessuale su base culturale. L’unica possibilità concreta di spuntarla – per questa sinistra che ha avuto buon gioco ad accaparrarsi una manciata di predatori della poltrona perduta, riuniti sotto l’insegna bugiarda di “Nuovo Centrodestra” – è la frantumazione per reciproca incomprensione del sodalizio berlusconiano-leghista. Interesse renziano condiviso e coltivato, sull’opposto fronte, dal movimento grillino. Perché un’altra leggenda metropolitana in circolazione è quella che il bipolarismo sia finito e che una stagione tri-quadripolare si sia aperta.

Sbagliato! Lo spirito profondo degli italiani resta orientato alla divisione bipolare del quadro politico. Il problema si focalizza nella sostituzione degli attori che hanno animato la dialettica dell’alternanza nella “Seconda Repubblica”. Beppe Grillo non ha alcuna intenzione di sommarsi alle forze attualmente in campo. Il suo obiettivo strategico è di sostituire fisicamente uno dei due precedenti player: segnatamente Silvio Berlusconi, legittimando l’altro, Matteo Renzi, nel ruolo di naturale competitore.

Per il giovanotto fiorentino, momentaneamente spedito in panchina dal voto referendario, vale la medesima cosa. Ma, come hanno dimostrato le urne delle elezioni amministrative, se il centrodestra è unito, vedi Milano o Trieste, per i grillini non c’è spazio. Se, al contrario, si va in ordine sparso, com’è accaduto a Roma e a Torino, si sa cosa accade. Ora, i leader della coalizione che per un decennio ha governato questo Paese hanno un grande compito da svolgere: impedire che una manica d’incapaci, camuffati da onda emozionale, possano prendere il potere.

Lo andiamo dicendo da tempo e mai ci stancheremo di ripeterlo: prima ancora che Renzi, il nemico mortale del centrodestra si chiama Movimento Cinque Stelle. È in quello “Zelig” delle idee che sono andati a rifugiarsi tanti elettori di destra sconcertati dalle convulsioni di una classe dirigente che non ha saputo rappresentarli adeguatamente. Bene dunque che il dialogo avviato dal trio Berlusconi-Salvini-Meloni, con l’apporto non irrilevante dei Conservatori di Raffaele Fitto, continui. Si dirà: su alcuni punti programmatici c’è distanza. Pazienza! Facciano tutti scorta di una robusta dose di antiacidi e proseguano a discutere. Minacce, ripicche e puntigli lasciamoli alle tante “zite cuntignose” che certo non mancano nell’odierno teatrino della politica.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:59