I pregi ed i difetti della discontinuità

Ha ragione Paolo Gentiloni quando rileva che esiste una significativa discontinuità tra il Governo precedente e quello attuale rappresentata non dalle persone, che sono le stesse, ma dallo stile. Il Governo Renzi stava al centro della scena con il suo Premier mentre il Governo Gentiloni si colloca dietro le quinte per lasciare il palcoscenico ad altri attori, primo fra tutto il Parlamento.

Non è una differenza di poco conto. E Gentiloni fa bene ad evidenziarla. Perché passare dall’interventismo ipercinetico alla prudenza curiale è un ribaltamento totale dello stile di governo. Che però non è detto sia destinato a produrre solo frutti positivi. Chiudere la fase del protagonismo esasperato che polarizza le antipatie ed esalta i contrasti oltre ogni limite aiuta sicuramente a ricreare un clima più disteso e tranquillo all’interno del quadro politico e nel Paese. E chiamare in causa il Parlamento ricordando che non spetta al Governo ma all’assemblea dei rappresentanti del popolo realizzare la legge elettorale indispensabile per chiudere la legislatura è sicuramente un atto di totale discontinuità rispetto al modo di governare renziano segnato dalla tendenza a porre la fiducia su qualsiasi provvedimento.

Ma il passaggio dalla personalizzazione eccessiva alla spersonalizzazione totale ha come conseguenza negativa la sensazione che la compagine governativa non contava nulla prima, quando era schiacciata dalla personalità prorompente dell’ex Presidente del Consiglio, e conta zero oggi visto che, oltre ad essere formata dalle nullità precedenti, è anche marginalizzata dal cambio di stile imposto dalla necessità di non esasperare le tensioni.

Il passaggio dallo stile muscolare allo stile scialbo e molliccio costituisce una grande discontinuità, ma provoca un’inevitabile dequalificazione dell’azione della compagine governativa. Il ché può sembrare un male minore e necessario vista l’esigenza di arrivare senza troppi scossoni alla fine della legislatura, sia essa anticipata che naturale. Ma può un Governo volutamente dimesso, che non contava un tubo prima e che conta ancora di meno oggi, affrontare con la dovuta energia i problemi urgentissimi lasciati a marcire dai mille giorni di ossessiva e distorcente campagna referendaria? Ma è possibile che nel nostro Paese non sia mai possibile tenere una linea di mezzo tra le opposte esagerazioni?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:07