Anche Matteo Renzi ha dato il suo “contrordine, compagni”. Non saranno le pensioni superiori a duemila o tremila euro a finanziare la riduzione del cuneo fiscale e gli ottanta euro al mese nelle buste paga dei lavoratori a basso reddito. Nessuno è riuscito a capire (anche perché il Presidente del Consiglio non lo ha detto) dove si potranno trovare le coperture per i miliardi necessari al taglio del cuneo fiscale annunciato. Ma la questione sembra interessare solo i pochi consapevoli che a cancellare ogni illusione in proposito potrebbe intervenire la Commissione della Ue bloccando il primo tentativo di invertire la linea di rigida austerità iniziata con il Governo Monti e proseguita con quello di Enrico Letta.
La grande massa dell'opinione pubblica nazionale spera che l'annuncio di Matteo Renzi abbia un seguito effettivo. Ed auspica che in occasione del prossimo incontro con la Merkel il vispo venditore installatosi a Palazzo Chigi riesca a piazzare alla rigida Cancelliera la pentola dello sforamento dei conti da parte del nostro Paese.
Questa speranza e questo auspicio non poggiano su solide fondamenta. Si basano solo sulla presunzione tutta italiana che di fronte ad un furbo fiorentino non ci possa essere tedesca capace di conservare la propria rigidità. E fanno parte di quel processo di grande illusione che si è creato attorno al fenomeno Renzi. Processo che il diretto interessato alimenta con grande abilità nella convinzione che solo con grandi giochi di prestigio riuscirà ad arrivare fino in fondo alla durissima corsa a tappe in cui si è infilato.
La prima di queste tappe è rappresentata dalle prossime elezioni europee di fine maggio. L'asticella elettorale che il Premier deve obbligatoriamente superare per non subire una rovinosa sconfitta è quella del 30 per cento dei consensi del Partito Democratico. Ed è verso questa prima tappa che è proiettata l'azione illusionista del Presidente del Consiglio.
Non è un caso che la promessa della riduzione dello scudo fiscale preveda gli ottanta euro mensili nelle buste paga dei lavoratori meno abbienti solo dopo il mese di maggio. Lo stesso vale per il “contrordine, compagni” sulle tasse alle pensioni del ceto medio. Ed anche per l'annuncio, fatto apposta per alimentare il pregiudizio nazionale sulla superiorità della furbizia fiorentina sulla piatta rigidità tedesca, che con la Merkel e con l'Europa non avrà un atteggiamento passivo e dimesso ma batterà i pugni sul tavolo.
Renzi, in sostanza, è campagna elettorale per le Europee. E da oggi fino a quella data non ci sarà un solo suo atto che non sia diretto a conseguire il risultato del superamento dell'asticella del 30 per cento. La faccenda non stupisce. In realtà il Presidente del Consiglio è in campagna elettorale fin dal tempo delle primarie perdute con Pierluigi Bersani. Da allora ad oggi non ha mai smesso di correre in competizioni di qualsiasi tipo. Non è un caso che il suo stile ed il suo comportamento siano sempre gli stessi in qualsiasi occasione. Sia che illustri il programma di governo alle Camere che vada nel salotto di Vespa, sia che comunichi i progetti economici ai giornalisti che parli con le persone comuni in occasione delle visite alle scuole nelle città italiane.
Il fatto che Renzi sia in campagna elettorale permanente comporta che il tasso di demagogia della propria attività sia in crescita costante. Non può permettersi pause di sorta. Per non mandare in crisi di astinenza una opinione pubblica drogata dalla grande illusione. Il ché spiega tante cose. Ed anche la paura che presto o tardi l'overdose di promesse e demagogie portino al collasso. Non quello di Renzi ma quello del Paese.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:25