
I dazi non ci piacciono. È una verità semplice, ma fondamentale. Quando un paese impone un dazio su determinati beni, il costo per le imprese che li importano aumenta. Le aziende, per evitare perdite, trasferiscono questi costi ai consumatori, facendo lievitare i prezzi e riducendo il potere d’acquisto delle famiglie.
I dazi creano difficoltà anche per le imprese locali che dipendono da materie prime o componenti importati. Aumentando i costi di produzione, queste aziende diventano meno competitive, riducendo la loro capacità di produrre, di mantenere posti di lavoro o di non trasferire la produzione all’estero. Il risultato è una crescita economica più lenta e più disoccupazione.
La domanda che sorge spontanea è: come rispondere ai dazi senza cadere nel gioco delle ritorsioni che alimentano una guerra commerciale? La risposta può non sembrare semplice, ma in realtà la direzione più giusta sembra essere quella proposta dalla premier Giorgia Meloni: il dialogo e la trattativa. Invece di rispondere ai dazi con altre misure punitive, la soluzione migliore è quella di sedersi al tavolo delle trattative e cercare di risolvere le controversie attraverso un accordo di libero scambio.
Trump non è un protezionista ideologico, ma usa i dazi come leva negoziale per ottenere concessioni dai suoi partner commerciali. I dazi, uniti alla posizione di forza degli Usa, diventano uno strumento per costringere i paesi a rivedere e rinegoziare gli accordi commerciali, in modo da raggiungere intese più favorevoli per gli Stati Uniti. L’obiettivo non è quello di creare un isolamento commerciale, quanto quello di aprire la porta a veri e propri accordi di libero scambio, che eliminino le barriere tariffarie e non tariffarie in modo equilibrato per tutte le parti coinvolte.
L’Europa non può e non deve rispondere con una reazione impulsiva che potrebbe sfociare in una guerra commerciale dannosa per entrambe le economie. L’unica soluzione giusta è trattare con l’amministrazione americana per raggiungere un accordo di libero scambio che vada oltre la semplice rimozione dei dazi. Questo accordo deve affrontare e risolvere le problematiche strutturali che oggi ostacolano i flussi commerciali tra le due aree economiche, come le barriere non tariffarie, che rappresentano uno dei principali ostacoli al libero scambio.
Le barriere non tariffarie – norme, regolamenti, etichette e standard – non solo limitano l’ingresso delle merci americane nei mercati europei, ma sono anche dannose per l’Europa stessa. Queste regolazioni, infatti, rallentano gli scambi, creano inefficienze e, soprattutto, ostacolano la concorrenza e l’innovazione.
Il National Trade Estimate Report on Foreign Trade Barriers del 2025, pubblicato dall’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (Ustr), evidenzia alcune delle barriere principali tra Stati Uniti e Unione Europea. Tra queste, vengono citate le difficoltà legate alle regolazioni digitali, come il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (Gdpr), che impone oneri significativi per le imprese statunitensi. Viene inoltre sollevata la questione delle barriere tecniche al commercio (Tbt), con standard divergenti in settori chiave come l’elettronica e l’automotive, che ostacolano l’accesso delle merci americane al mercato europeo. Infine, l’uso da parte dell’Ue di Indicazioni Geografiche (Ig) limita l’utilizzo di termini generici nel settore alimentare e delle bevande, creando un ulteriore ostacolo per i produttori statunitensi.
Un accordo che risolva queste difficoltà favorirebbe la concorrenza, ridurrebbe i costi per i consumatori e stimolerebbe la crescita economica in entrambe le aree.
In definitiva, la risposta ai dazi non è la guerra commerciale, ma il negoziato. L’introduzione di dazi da parte degli Stati Uniti, pur rappresentando una pressione sulle economie europee, è un tentativo di Trump di usare gli strumenti commerciali come leva per ottenere veri accordi di libero scambio. La reazione europea non deve essere quella di replicare con nuove tariffe, ma di rispondere con una proposta di trattativa basata sul dialogo e sulla cooperazione. Solo attraverso un accordo di libero scambio che superi le barriere tariffarie e non tariffarie si garantirà una crescita sostenibile e prospera per tutti, con benefici concreti per i consumatori e le imprese di entrambi i continenti.
Aggiornato il 08 aprile 2025 alle ore 09:49