A proposito di riserve strategiche e fondi sovrani

Un recente ordine esecutivo di Donald Trump ha istituito una riserva strategica di criptovalute che prelude a un prossimo avvio di un vero e proprio fondo sovrano statunitense. Di solito, i fondi sovrani vengono creati da Paesi con surplus e non sono necessariamente delle buone idee, nemmeno in tali circostanze. I surplus potrebbero essere utilizzati per ridurre il debito o finanziare progetti meritevoli, il che non sempre avviene. Storicamente, infatti, è stato difficile gestire questi fondi al riparo dalla corruzione, mentre altri sono stati utilizzati per alimentarla con “fondi neri”. Ma non mi viene in mente nessun precedente di un Paese con debiti da capogiro come gli Stati Uniti che voglia costituire un fondo di riserva quando non è nemmeno in grado di gestire il proprio bilancio. Aver istituito, poi, un fondo crittografico, cioè di criptovalute, è stata una pessima idea anche se l’Amministrazione americana afferma che questa riserva sarà finanziata con criptovalute sequestrate dal Governo e non con il denaro dei contribuenti. Ovvio che si sta cercando di aumentare la loro popolarità istituzionalizzandole in un fondo governativo ma altrettanto ovvio che una volta entrate nel mainstream della finanza globale, le criptovalute saranno soggette a interferenza politica aprendo la porta al clientelismo, al favoritismo e all’inefficienza.

Tutto ciò premesso, a che serve una riserva strategica? Una riserva strategica è una scorta di input di importanza sistemica cui attingere in casi di emergenza. L’esempio più noto è la riserva strategica di petrolio creata come risposta all’embargo petrolifero arabo del 1973-74, nonché per soddisfare gli obblighi di riserva del programma energetico internazionale. Se ben gestita, la riserva permette di vendere il petrolio a prezzi elevati riacquistandolo quando i prezzi sono bassi. Una riserva strategica può essere costituita anche da valute estere per consentire il mantenimento del tasso di cambio entro una banda desiderata. Ma a che serve una riserva strategica di Bitcoin? Sono un bene di sicurezza nazionale ed economica come il petrolio? Il petrolio è uno degli input di base che alimenta l’economia e la vita quotidiana, mentre le criptovalute non hanno tale funzione. È come se il Governo creasse una riserva di iPhone per calmierarne futuri rialzi di prezzo. I bitcoin non sono né merce né input cruciali nell’economia essendo privi della principale caratteristica di una riserva, la relativa stabilità. Un asset è “volatile” quanto il suo prezzo “rimbalza” e le criptovalute rimbalzano almeno cinque volte di più rispetto a un fondo indicizzato del mercato azionario, di per sé non considerato un investimento a basso rischio. Creare un fondo sovrano dedicato a qualcosa di cinque volte più volatile delle azioni non è una buona idea. Negli ultimi cinque anni, il valore di Bitcoin è aumentato di oltre il 1.400 per cento ma se il prezzo può scendere oltre il 30 per cento in un batter d’occhio, come è successo di recente, come può fungere da riserva se il suo valore è soggetto a cali di valore tanto rapidi?

Altri sostengono che la riserva di Bitcoin sarebbe una valida prevenzione contro la de-dollarizzazione, il che è risibile. Se, per assurdo, i Bitcoin sostituissero il dollaro, il loro rialzo rispetto alla moneta di riserva esporrebbe gli Usa a una depressione simile a quella del 1930. Ciò che rese questo evento tragico, fu la corsa al denaro contante accompagnata dal collasso dei beni privati. La sostituzione del dollaro con i Bitcoin oltre al crollo dei valori privati, renderebbe il debito statunitense ipso facto insolubile. Senza debito i politici non sarebbero più in grado di candidarsi alle elezioni, perché non potrebbero più promettere previdenze sociali. La presunta sostituzione del dollaro è assai molto più complicata di quanto si immagini. Le persone che ne invocano costantemente il crollo non sanno di parlare, in realtà, non solo del crollo del Governo ma del sistema politico. Due eventi di cui un cambiamento valutario non sarebbe la causa ma la conseguenza.

L’Amministrazione Trump ha intrapreso uno sforzo senza precedenti e ampiamente popolare per ridurre drasticamente le dimensioni, la portata e il potere del Governo federale. L’idea disastrosa di un “fondo sovrano di criptovaluta”, va esattamente nella direzione opposta. Se si crede che esista uno Stato profondo, perché consegnargli un “fondo nero” permanente? C’è forse ancora qualcuno che crede che un investimento gestito dal Governo sarebbe esente da ingerenze politiche? Tuttavia bisogna anche ricordare che c’è qualche eccezione a tale destino. Mi riferisco al fondo sovrano della Norvegia, il più intelligente di cui sia conoscenza. Alimentato dagli introiti petroliferi, dopo aver previsto con grande anticipo la crisi del debito sovrano, ovvero l’ampio peggioramento a livello globale dei mercati del reddito fisso, ha sostituito quasi tutte le partecipazioni obbligazionarie con quelle azionarie sfruttandone la fase rialzista. Sono diventati il fondo più grande al mondo e il più lungimirante anticipando il passaggio dagli investimenti del settore pubblico a quelli del settore privato per prevenire l’inevitabile crisi dei sistemi di previdenza sociale.

Aggiornato il 21 marzo 2025 alle ore 10:52