Il masso della libertà e la montagna statalista

Il nome di David Boaz, morto la scorsa settimana, dirà poco ai più. Magari qualcuno dei nostri lettori rammenterà il suo Libertarismo. Silloge che pubblicammo nel 2010 all’interno di una collana di Liberilibri, Hic Sunt Leones, realizzata sotto gli auspici dell’Ibl.

David è stato per anni una delle figure chiave del libertarismo americano e, dunque, internazionale. Da vicepresidente esecutivo del Cato Institute di Washington, egli ne governava l’attività sotto il profilo culturale, reclutava gli studiosi che collaboravano con esso, incoraggiava i più giovani a prendere questo o quel sentiero di ricerca. Non era un estremista nel senso di un indiavolato, e non amava i toni indiavolati. Aveva una formidabile coerenza su alcuni temi di fondo: finanze pubbliche rigorose, evitare le ingerenze dello Stato nella sfera dei comportamenti personali (droghe), evitare il militarismo e politiche estere avventuristiche. L’Istituto al quale ha dato la vita gode di invidiabile salute ed è uno dei primari centri di cultura politica del mondo. Per le idee che ha professato, non si può dire lo stesso.

Gli Stati Uniti di oggi, eccezion fatta per i progressi sulle droghe leggere (cui corrisponde un neoproibizionismo del tabacco), sono un incubo per i libertari alla Boaz ed è probabile rimangano tali chiunque vinca le prossime elezioni. Le idee sono più potenti di quanto comunemente si creda: quelle giuste così come quelle sbagliate. Ogni tanto le prime hanno la fortuna di incontrare campioni appassionati, limpidi e capaci come David Boaz. Sarebbe bello bastasse a garantirne il successo. Purtroppo, non basta e bisogna continuare, con le forze che si hanno, a spingere il masso verso la cima del monte.

(*) Direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 17 giugno 2024 alle ore 11:52