Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha avuto parole pesantissime nei confronti dell’evasione fiscale: “L’evasione fiscale è come un macigno, tipo il terrorismo. Quando abbiamo 80-100 miliardi di evasione fiscale capiamo che si deve tutti collaborare, nel rispetto dei dati personali bisogna fare un passo avanti per permettere all’amministrazione finanziaria di lavorare sul versante del data scraping”. La reazione non si è fatta attendere: Leo ha offerto il fianco alle opposizioni che accusano il Governo di essere amico degli evasori, mentre dalla maggioranza è arrivato un intenso fuoco amico. Inoltre, il Garante dei dati personali ha messo le mani avanti sottolineando che ci sono limiti all’utilizzo dei dati diffusi dai contribuenti sui social network. Leo si è espresso in modo particolarmente duro e questo spiega la levata di scudi. Tuttavia, il suo intervento va messo nel contesto e depurato dall’enfasi eccessiva con cui egli si è espresso. L’Esecutivo ha appena varato il concordato preventivo biennale, rendendolo sostanzialmente fruibile a tutti e rigettando gli emendamenti che chiedevano di riservarlo a chi ha una elevata affidabilità fiscale.
Nel complesso si tratta di una scelta ragionevole perché gli indici di affidabilità fiscale possono avere un valore indicativo, ma certo non hanno quel grado di precisione che sarebbe necessario per farne un discrimine nell’accesso a uno specifico meccanismo tributario. Proprio per questo, appare sensato concentrare gli accertamenti su quei contribuenti le cui dichiarazioni presentano delle possibili anomalie (o la cui condotta negli anni è stata tutt’altro che irreprensibile) e che non aderiscono al concordato. Al tempo stesso, va detto chiaro e tondo che Leo si è spinto troppo in là: in uno Stato di diritto anche l’amministrazione fiscale deve rispettare delle regole. La privacy è diventata un vincolo spesso paradossale e insensato a molte iniziative private; non si capisce perché la soglia (sovente esagerata) di protezione dei dati personali debba essere derogata solo quando c’è di mezzo il rapporto tra settore pubblico e contribuente: è precisamente questa asimmetria che trasforma i cittadini in sudditi.
(*) Direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni
Aggiornato il 05 febbraio 2024 alle ore 11:33