I canoni d’affitto degli immobili sono stabiliti dal mercato

Rilievi critici all’intervento contenuto nel messaggio di fine anno del presidente della Repubblica sui costi elevati degli alloggi per studenti

In un passaggio del suo discorso di fine anno, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è soffermato sulle “esigenze degli studenti, che vanno aiutati a realizzarsi. Il cui diritto allo studio incontra, nei fatti, ostacoli. A cominciare dai costi di alloggio delle grandi città universitarie; improponibili per la maggior parte delle famiglie”. Ora, se da un lato può essere apprezzata l’attenzione che ha posto sugli studenti e sulle loro necessità, incastonate in un mondo interessato da rapidi mutamenti “che possono recare effetti positivi sulle nostre vite”, nel quale “l’Intelligenza artificiale che si autoalimenta, sta generando un progresso inarrestabile destinato a modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali”, non sembra aver invece colto nel segno, allorché si è riferito ai costi delle residenze universitarie, in ordine ai quali ha piuttosto enfatizzato il loro livello, che ha sbrigativamente giudicato eccessivo (“improponibili per la maggior parte delle famiglie”, soprattutto nelle “grandi città universitarie”).

Ebbene, esprimendosi nei termini prima indicati, il medesimo presidente ha però mostrato di non aver considerato che, in ordine ai canoni di locazione, al pari di qualsiasi altro prezzo, non si può né si deve parlare di canoni o di prezzi “alti” o “bassi”, “giusti” o “ingiusti”. È infatti principio generale della scienza economica che in un mercato competitivo, e in assenza di controlli sui prezzi, questi corrispondono a un equilibrio fra domanda e offerta, per cui se la quantità di un bene o servizio richiesto è maggiore della quantità offerta si verificherà un aumento dei prezzi per eliminare la carenza (generando nuova offerta e riducendo l’importo richiesto); viceversa, si avrà una riduzione del prezzo, qualora l’offerta superi la domanda. Identici criteri valgono per la formazione dei canoni di affitto: il canone è “equo” o “giusto” se, a quel prezzo, c’è chi offre liberamente e chi accetta liberamente. Ossia, il prezzo di mercato tende a uguagliare domanda e offerta come ha pure messo in evidenza Luigi Einaudi, secondo cui “bisogna ficcarsi bene in mente che l’aggettivo giusto, appiccicato dietro al sostantivo prezzo, è un corpo estraneo, il quale non ha niente a che vedere con il mercato di cui ci occupiamo. Il quale non afferma che un prezzo sia più giusto dell’altro; ma dice semplicemente: quello è il prezzo. Il prezzo che si paga sul serio, effettivamente; non il prezzo basso di abbondanza desiderato dai consumatori o compratori e neppure il prezzo di scarsità che sarebbe l’ideale dei produttori o venditori. Il prezzo che si fa sul mercato, il prezzo che, per usare il qualificativo, più breve possibile possiamo chiamare prezzo di mercato, non è né giusto né ingiusto. È quello che è; è un prezzo fatto. Ecco tutto”.

A parte ciò, vi è anche da considerare che, ove si dovesse effettivamente riscontrare un elevato livello dei costi degli alloggi, esso piuttosto che essere assunto per formulare giudizi sull’equità dei canoni praticati, risulterebbe invece indicativo dei segnali che sono trasmessi dal sistema dei prezzi del mercato immobiliare, che servono come segnali cruciali di scarsità e valore e costituiscono un fattore di coordinamento degli individui, come acquirenti o come venditori. Attraverso il meccanismo dei prezzi, gli individui sono in grado di prendere decisioni informate sulla locazione e la produzione delle risorse e sono grado di orientarsi tra una vasta gamma di beni in base alle loro preferenze e possibilità. Da siffatto livello si desumerebbe pertanto un eccesso di domanda a fronte di una ridotta offerta di immobili destinati agli universitari, che rimanderebbe necessariamente alle cause che hanno prodotto detto squilibrio e, allo stesso tempo, all’esigenza di adottare le misure necessarie per porvi rimedio.

In particolare, non si potrebbe non rilevare come l’offerta di immobili in locazione, non solo per le occorrenze transitorie degli studenti universitari (ma il discorso potrebbe essere esteso anche alle locazioni per esigenze abitative ordinarie e persino a quelle dei negozi), sia fortemente condizionata dalle scelte politiche e burocratiche operate in sede di pianificazione urbanistica, attraverso la zonizzazione del territorio, nonché dalla legislazione vincolistica riguardante gli affitti, che accompagna la storia d’Italia pressoché dalla fine della Grande guerra, alla quale va aggiunta l’elevata tassazione patrimoniale che grava sugli immobili, tra cui l’Imu. Tutte cose che hanno condotto all’eliminazione delle regole di mercato dal settore e finito per influenzare il reddito, il consumo e il livello di vita di ogni cittadino, condizionato la predisposizione all’affitto da parte dei proprietari e la creazione di nuova offerta da parte dei costruttori e degli investitori. Sarebbe pertanto indispensabile, oltre che urgente e non più procrastinabile, un’estesa opera di liberalizzazione e detassazione del settore, come da tempo chiede Confedilizia, posto che, in un mercato privo di ostacoli, la concorrenza tra proprietari garantisce un’offerta sufficiente per soddisfare la domanda e assicurare agli inquilini-consumatori, prezzi e condizioni migliori possibili. “Può sembrare paradossale a molte persone – ha rilevato l’economista americano Walter Block – ma il modo migliore per aiutare gli inquilini è quello di concedere la libertà economica ai proprietari”.

Aggiornato il 03 gennaio 2024 alle ore 15:00