Grandi opere: il grido di dolore dei commissari

Anche Il Sole 24 Ore in un articolo in prima pagina ribadisce quanto da me e da Il Quotidiano del Sud denunciato in modo dettagliato cinque mesi fa, quattro mesi, tre mesi fa, due mesi fa, dieci giorni fa. Continuiamo a vivere di annunci e di promesse che, purtroppo, nei fatti rimangono annunci e promesse. Oggi Santilli ci ricorda che: “I commissari straordinari alle grandi opere nominati dal Governo negli ultimi sei mesi lanciano l’allarme: le procedure speciali del Pnrr non decollano, non sono stati ancora nominati gli organi che dovrebbero accelerare l’approvazione dei progetti con le corsie veloci del Decreto infrastrutture, i Decreti del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) di nomina dei Commissari non hanno messo a disposizione (come avrebbero potuto) risorse e strutture tecniche straordinarie per centrare obiettivi straordinari. Alcuni di questi Commissari hanno scritto al ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini per denunciare il pericolo che la Pubblica amministrazione non marci compatta sugli obiettivi fissati e che la mancata attuazione delle norme del Decreto “Semplificazioni” rallenti il decollo delle opere loro assegnate”.

Appare evidente che possono fare poco i commissari se, a quattro mesi dal varo del Decreto Legge “Semplificazioni” e a due mesi dalla conversione in Legge, mancano ancora due organi straordinari che sono il riferimento chiave dell’intero impianto normativo, due organi che hanno il compito di approvare in tempi certi i progetti, mi riferisco a:

1) La Commissione bis per la valutazione di impatto ambientale (per cui è stato avviato un bando ma che doveva essere nominata entro il mese di luglio scorso).

2) Il Comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici della cui procedura di nomina ancora si conosce solo la buona volontà a nominarlo.

In tutto questo la responsabilità non è del sindaco del Comune di Otranto o di Carini, non è di qualche presidente delle Provincie o di alcune Regioni del Sud, del Centro o del Nord del Paese, non è, cioè, di soggetti poco conosciuti ma di due persone fisiche che ormai da quasi otto mesi sono ministri della Repubblica, mi riferisco al ministro Enrico Giovannini e al ministro Roberto Cingolani. Fortunatamente di fronte a questi racconti di “efficienza e di concreto avvio di procedure e di opere”, dichiarate proprio negli ultimi mesi dal ministro Giovannini, troviamo finalmente un contraltare ricco di inattaccabili verità. Ed è proprio questa obbligata presa d’atto ha portato, almeno da quanto si apprende da voci di corridoio, la presidenza del Consiglio a tenere, quanto prima, una apposita cabina di regia, sotto la presidenza di Mario Draghi, per fare il punto sulle criticità e, come riportato sempre da Il Sole 24 Ore il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli lavora a un Piano per l’attuazione con compiti e obiettivi ministero per ministero.

Appare così evidente che mentre per il ponte sullo Stretto di Messina il ministro Giannini può, senza dubbio, continuare a seguire la logica degli studi di fattibilità, la logica dei rinvii, la logica del non fare, nel caso invece della mancata attivazione della spesa delle opere incluse nel Pnrr, il ministro non può assolutamente vivere e sopravvivere di piani e di programmi ma deve dimostrare la misurabile capacità di attivare la spesa. In proposito ricordo che, solo a titolo di esempio, le Ferrovie dello Stato per rispettare il cronoprogramma previsto dalla Unione Europea per l’attuazione entro il 2026 delle opere incluse nel Recovery Plan, dovrebbero raddoppiare la capacità di spesa annuale passando da 6 – 7 miliardi di euro all’anno ad oltre 13 miliardi di euro e mi meraviglio che il ministro Giovannini non si sia accorto che fra soli tre mesi siamo già nel 2022.

Penso quindi che la cabina di regia presso la presidenza del Consiglio rappresenti forse il primo atto di vera responsabilità che, giustamente, toglie al ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili le sue specifiche responsabilità, le sue storiche competenze. Forse è arrivato il momento, dopo sei anni di vero ed inconcepibile vuoto, di porre fine ad una stasi, ad una irreversibile inerzia che penso possa essere annullata solo da un periodo, anche abbastanza lungo, di diretto controllo e responsabilità del Dicastero da parte della presidenza del Consiglio. Avendo trascorso molti anni presso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti rimango sconcertato e dispiaciuto di una simile triste conclusione.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 29 settembre 2021 alle ore 10:21